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NOVELLA XLVII negare ciò che questa città sa — molto più che la vita mia, né altro in dono le cheggio se non che degni non dico amarmi, ché tanto non presumerei e la sua rigidezza noi sofferisce, ma che contenta sia che io l’ami e suo cavaliero m’appelli, e mi comandi tutte quelle cose che per me cosi ne l’opere de la vita come per roba far si ponno, perciò che sempre mi troverà suo ubidientissimo servo. Ma ella del tutto fuor di maniera schifevole né me né le mie cose punto cura. Del che io me ne vivo il più mal contento uomo del mondo. — Stavasi l’adirata donna tutta in sé raccolta e agli occhi de l'amante pareva si meravigliosamente bella che egli a lei rivolto, in modo gli occhi le aveva gettati in viso che di soverchia dolcezza ebro, era di se stesso fuori. Parole assai si dissero da le compagne de la donna e da quelli che erano col signor Gostantino, ed assai cose dette furono di questo amore che troppo lungo e forse noioso sarebbe il raccontarle. A la fine dopo molte parole una più de l’al tre baldanzosa e che per ventura averebbe voluto vedere la corrucciata donna se ben era altera e disdegnosa che almeno non fosse ritrosa e si selvaggia, al signor Gostantino voltando le parole donnescamente disse: — Signor cavaliero, voi altri giovini innamorati o che d’esser mostrate, sapete troppo ben cicalare e dir le ragion vostre, fingere meravigliosamente l’appassionato e con tante ciancie avviluppare il cervello a le semplici donne che ben sovente vi fate creder la bugia. Ma a la fe’ di Dio che a me non l’appiccareste voi. Potreste ben dire e ridire, che io non vi darei credenza d’un bagattino. Deh, non l’abbiate per male, signor cavaliero: tutti séte bugiardi, fingardi e disleali — a le donne, dico, — e parvi dei signori veneziani aver trionfato alora che alcuna credula e semplice donna ingannate e tra voi ve ne ridete. Eh, so bene io le canzoni che ne fate e come la va! Non so io ciò che pochi giorni sono ad una mia vicina avvenne, che da un soldato si lasciò irretire e poco mancò che non divenisse donna? Io noi vo’ dire. — A queste parole la rigida donna che sino alora mutola era paruta, la lingua alteramente snodando disse: — Veramente, sorella mia, tu hai al presente detta la pura verità e toccati quei tasti che si deveno, e m’hai fatto un grandissimo