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i6o PARTE PRIMA leggiadramente a messer Filippo rivolta, lo richiese che come noi il nome suo, la patria e se egli era gentiluomo le facesse manifesto. A cui messer Filippo dopo il debito inchino riverentemente cosi rispose: — Madama, signora e padrona mia, ciascuno che mi conosce mi domanda Filippo dei Nicuoli cremonese, e son gentiluomo. — La reina che a nessuno degli altri da lei domandati non aveva cosa alcuna detta, a messer Filippo rispose in questo modo: — Voi ben dite il vero che séte gentiluomo, e chi volesse il contrario dire egli dimostreria assai apertamente aver poco giudicio. — Né più disse, ma insieme con la reina Maria quindi uscita, ne andò a la chiesa. Tutti quelli che le parole de la reina udirono, restarono pieni d’una infinita ammirazione non sapendo imaginarsi • ciò che si fosse, e ugualmente fu da tutti giudicato la reina aver a messer Filippo fatto un favore singolarissimo. Egli, come era il suo consueto, pieno d’infiniti e vari pensieri andò a la chiesa e nel solito luogo si pose, rivolgendo tuttavia le parole de la reina che ella dette gli aveva, tra sé. E ancora che non potesse discernere a che fine tanta e cosi onorata reina gli avesse simili parole risposte, nondimeno a lui pareva questa cosa ovunque fosse saputa cedergli a grand’onore. E certamente senza fine è da commendar l’umanità di tanto eccellente e nobil donna, la quale essendo di cosi alto legnaggio e moglie d’un si gran prencipe di stirpe imperiale, non solamente non si sdegnò da uomo di bassa condizione e fuoruscito di casa sua esser amata, ma volle anco con ogni cura e diligenza spiare e con effetto chiarirsi se ella era quella che il giovine italiano amasse, come in parte s’è visto, non per altro, credo io, se non per potere circa questo magnificamente operare ciò che paruto le fosse convenevole a la grandezza di lei e al fervente amore del giovine innamorato, come poi fece. Ma quante ce ne sono oggidì non dico reine o prencipesse, ma semplici e private gentildonne, che levatole un poco d’apparenza di bellezza sono senza costumi e vertù, le quali accorgendosi de l’amore di qualche gentiluomo che non sia a lor talento dei beni de la fortuna dotato, quello scherniscono e di lui si beffano? Quante medesimamente ce ne vivono