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NOVELLA XLV 159 niente potesse imaginarsi de l’animo de la reina Anna né a che ine ella gli avesse tal domanda fatta, pure questo atto gli fu troppo caro ed accetto, e ogni volta che ci pensava, sentiva grandissimo piacere e n’aveva una certa contentezza che Io faceva star più allegro del solito.'Da l’altra parte madama la reina che discretissima e la cortesia stessa era, quando ne la chiesa o altrove messer Filippo se le inchinava e rendeva il debito onore de la riverenza, ella molto umanamente lo raccoglieva, e col capo alquanto chino — cosa che solo a gran baroni e signori era usa di fare — mostrava aver caro il riverire ed onorare che egli le faceva. Del che egli ne prendeva estrema contentezza, né più oltre osando di sperare, di continovo a le bellezze e onesti modi che in lei vedeva pensava. Passarono in questo alcuni di, sempre egli di lei più infiammandosi e quanto più chiusamente ardeva più accendendosi. Eravamo un giorno alcuni di noi italiani innanzi a la camera de la reina Anna, che quivi avevamo accompagnata madonna Barbara moglie di messer Pietro Martire Stampa, che con due sue figliuole era ita a far riverenza a le due reine che insieme erano. Quivi era ancora messer Filippo, col quale il Borgo ed io di varie cose ragionavamo. Né guari avevamo favellato quando le reine amendue uscirono di camera; il che fu cagione che tutti quei signori e gentiluomini che la venuta di quelle attendevano, si levarono da sedere e col capo scoperto aspettavano riverentemente dove amendue le reine volessero inviarsi. La reina Anna in questo si spiccò da la reina Maria e dritto venne ove erano gli italiani ed umanissimamente a molti dei nostri gentiluomini domandò il nome e la patria loro, di modo che pervenne ove noi tre eravamo ragionando. Quivi con bel modo richiese prima messer Girolamo che le dicesse il nome, la patria e se era gentiluomo. Al che egli disse con ogni riverenza che nome aveva Girolamo Borgo, gentiluomo di Verona. Io altresì da quella domandato con la medesima domanda, quanto più modestamente seppi le risposi ch’io era gentiluomo nato di antica stirpe di Milano e che tutti mi chiamavano Filippo Baldo. Avuta la mia risposta, ella con allegro e quasi ridente viso, cortese e