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NOVELLA XLIII 133 si sforzava tenerlo allegro. Ma egli in vece di parole focosi sospiri le rendeva. Durò questa dolorosa vita de l’appassionato amante molti di, nei quali se uno o dui giorni egli stava con la sua donna in festa, tutto il rimanente poi in lagrime ed in sospiri consumava. E ben che egli per la verità in lei cosa di certezza non vedesse, nondimeno d’ogni fuscello che tra’ piedi gli dava fieramente ingelosiva. Onde giocando ella un giorno a scacchi perdette una discrezione con un gentiluomo, come assai spesso si costuma. Egli di questa cosa, come se in braccio in letto al gentiluomo veduta l’avesse, cominciò seco a farne il maggior rammarico del mondo, sempre dicendole che egli s’accorgeva bene che ella il tutto faceva per farlo disperare e levarselo dinanzi agli occhi. La donna pazientemente il sofferi più volte e lasciavalo dire, sperando pur che devesse cessare. Ma egli fuor di modo lamentandosi, tanta seccaggine di fastidiose parole le diede che ella, perdutane la pazienza, con un turbato viso gli disse: — Oimè, che morte è cotesta? Voi séte oggimai diventato un di quelli de l’inferno. Andate col malanno e non mi rompete più il capo con queste vostre false imaginazioni. Mò che febre peggio che continova è la vostra? Io non potrò ormai più con voi vivere. Se avete gelosia de le mosche che per l’aria volano, che ve ne posso fare? Andatevi ad impiccare, e uscirete di questi vostri chimerici affanni.— Il giovine rispondendo:—Madonna, poi che me lo comandate ed io lo farò, — parti di sala1 ove erano, e andò ne la camera de la Calora e quivi dentro si chiuse. Era in camera il calamaio con inchiostro e carta, onde egli, come poi si puoté conietturare, tolse de la carta e scrisse una cedula con queste formali parole: — Poi che io volontariamente ho deliberato morire, con quella instanzia che per me si può maggiore prego il reverendo priore e i frati de la venerabil chiesa di San Domenico che vogliano seppellire il mio corpo ne la sepoltura dei miei avi. — Questo scritto egli si mise ne la scarpa sinistra di modo che pendeva fuor la metà. Scrissene poi un altro di questo tenore: — Con ciò sia cosa che questi anni passati io Francesco Totto volontariamente per mano di publico notaio facessi libera donazione d’ogni mia facultà a la valorosa madonna