Questa pagina è ancora da trascrivere o è incompleta. |
126 PARTE PRIMA cavare, andarono a parlare al viceré. Violante che con la schiava il tutto che deveva occorrere aveva considerato, si vesti più riccamente che puoté e fece altresì che Giannica si vestisse, e stava aspettando il messo del viceré. La madre veduti venir quei signori, dimandò a la figliuola che cosa fosse questa. Ella le disse certe favole, né cosa alcuna del fatto le volle scoprire. Ed eccoti venir un sergente del viceré, il quale comandò a Violante che si devesse innanzi ad esso viceré presentare. Ella che altro non aspettava, senza far motto a la madre, con la Giannica a parlar al viceré andò. Era col signor viceré la maggior parte dei cavalieri e gentiluomini del paese. Quivi Violante arrivata e fatta la conveniente riverenza, fu dal viceré dimandata che ella devesse dir ciò che dal signor Didaco Centiglia aveva in commissione. La giovane alora non come dolente o timida femina, ma come allegra e valorosa così al viceré animosamente rispose: — Signor viceré, voi devete sapere che il signor Didaco Centiglia già più d’un anno passato, poi che vide che il mio amor altramente aver non poteva, deliberò di prendermi per moglie e a la presenza dì mia madre, dei miei fratelli e di Pietro suo servidore che é qui, in casa mia mi sposò e meco più di quindici mesi quasi ogni notte come mio marito si giacque. Egli poi non avendo riguardo che io era sua legitima moglie, questi di, come per tutta Valenza si sa, apertamente la figliuola del signor Ramiro Vigliaracuta ha sposato, la quale esser non poteva sua, essendo io prima di lei legitimamente sposata. Né bastandogli questo, come se io sua putta e bagascia stata fossi, ieri sfacciatamente venne a trovarmi e mille favole e menzogne mi disse sforzandosi darmi ad intender il nero per il bianco. Ed a pena da me partito mi mandò Pietro che qui si vede, a dirmi che questa notte passata egli voleva venir a giacersi meco. Il che, come Pietro può testificare, io gli concessi, parendomi esser aperta la via a prender di lui quella vendetta che per me si poteva. Perciò son qui venuta, giustissimo viceré, a ciò che da me voi il tutto intendiate. Io né a negar né a pregare mi saprei disporre, parendomi che troppo gran vigliaccheria sarebbe d’una cosa volontaria e pensatamente operata temer punizione. Voglio adunque,