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NOVELLA XLII 125 passano la valuta di mille e cinquecento ducati. Prendeli tutti, ché di core te li dono, e non perder tempo a salvarti, lo terrò tutto oggi la cosa celata, si che attendi al tuo scampo. — Giannica sentendo queste amorevoli parole che la giovane le diceva, si mise dirottamente a piangere, e a modo nessuno non la voleva intendere di partirsi da lei, affermando che 1’¡stessa fortuna che ella correrebbe anco ella voleva passare e che per amor suo non stimava la vita. Non puoté mai tanto persuaderla che Giannica volesse partire. Onde Violante veggendo che indarno si affaticava e che quella era pur disposta di voler morir seco, propose il resto de la notte dormire, che era poco spazio. E cosi tutte due in quella camera quel poco di tempo riposarono. Destate poi che furono, di nuovo Violante essortò Giannica a fuggire, ma senza frutto. Quella matina d’un pezzo avanti desinare venne il servidore de l’infortunato cavaliero secondo ch'era solito, per accompagnar il padrone a casa de la nuova sposa. Come Violante lo vide cos¡ gli disse: — Se tu vuoi intendere ove il tuo signore è ito, va’ e conduci qui il signor viceré se tu vuoi, perciò che ho commissione di manifestarlo a lui e non ad altri. Altrimenti facendo tu ti affatichi indarno. — Partissi il servidore, e trovati uno zio ed un cugino del cavaliero disse loro quanto Violante detto gli aveva. Questi dui sapevano de l’amore del signor Didaco e di Violante, ma non già che fossero insieme maritati, perciò che egli strettissimamente aveva comandato al servidore che a nessuno il manifestasse. I dui parenti mai non averebbero pensato il fatto com’era. Onde di brigata andarono a trovar Violante, la quale con viso allegro fattasi loro incontro gli disse: — Signori miei, che cercate voi? — Noi vorremmo — risposero — che voi ne dicessi ove è ito il signor Didaco. — Perdonatemi, signori, io non vo’ romper il suo comandamento. Andate e menate qui il signor viceré e il tutto intenderete, perché da lui cosi ho commissione. — Era alora viceré il signor duca di Ca- lavria, figliuolo del re Federico di Ragona che a Torsi in Francia mori. — Non è conveniente — dissero quei signori —che il signor viceré venga qua. — Fate adunque — disse ella — o che venga o che mandi per me. — Non potendo eglino altro da la giovane