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114 PARTE PRIMA tempo per via. — Partissi il servo e Masinissa come un battuto fanciullo piangendo si rimase. Gionto il messo a la reina e a quella la fiera ambasciata esposta e datole la coppa con il veleno, attese ciò che ella li direbbe. Pigliò la reina la coppa e il veleno e al messo disse: — Come io averò in questa coppa d’oro bevuto il veleno, tornerai al tuo signore e gli dirai che io volentieri accetto il suo dono, poi che altro non ha potuto il marito a la moglie mandare; ma molto meglio morta sarei innanzi a queste funebri nozze. — Né altro al messo dicendo, prese la coppa e dentro il veleno vi distemperò, e quella a la bocca postasi, intrepidamente tutta la bebbe, e bevutola al messo essa coppa rese, salendo sovra un letto. Quivi quanto più onestamente puoté le vestimenta sue a torno a sé compose, e senza lamentarsi o mostrar segno alcuno d’animo feminile animosamente la vicina morte attendeva. Le sue damigelle che a torno le stavano tutte dirottamente piangevano, di maniera che per il regai palazzo il pianto si senti e il romor si levò grandissimo. Ma poco stette Sofonisba che vinta da la vertù del veleno se ne mori. Il messo ritornò a Masinissa con questo si fiero annunzio, il quale pianse assai e fu spesse fiate vicino, se stesso con le proprie mani occidendo, a seguitar l'anima de la sua infinitamente da lui amata Sofonisba. Ma intendendo queste cose, il valoroso e saggio Scipione, a ciò che il feroce e pien di passione suo Masinissa contra se stesso non incrudelisse o altro disordine non facesse, quello a sé chiamato, con dolcissime parole quanto più puoté consolò e poi amichevolmente riprese che cosi poca fede in lui avuto avesse. Il seguente giorno poi a la presenza de l’essercito sommamente il lodò e il regno de la Numidia gli donò, dandogli di molti ricchi doni e di molta stima appresso i romani. Il che il senato e il popolo de la città di Roma approvò e con amplissimi privilegi confermò nomando Masinissa re di Numidia ed amico dei romani. Cotal fine adunque ebbe l’infelice amore del re Masinissa cotanto dal nostro divinissimo Petrarca lodato.