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94 parte prima

sarebbe da riderne pur assai. Onde per dar numero a le mie novelle mi parve di scriverlo e al nome vostro dedicarlo, sapendo che non poco ve ne ammirarete, essendo voi molto ne le cose sacre cerimonioso, come io piú volte ho esperimentato. Vi piacerá che il nostro piacevole Gian Tomaso Tucca anco egli legga questa novella, ricordandogli quella del rammarro, che da voi fu scritta quando con le genti d’arme eravate al Finale del Ferrarese. State sano.

NOVELLA VI

Il Porcellio romano si prende trastullo di beffar il frate confessandosi.

Messer Dionisio Corio, gentiluomo di questa cittá molto onorato e di antica famiglia, soleva molto volentieri, quando era in compagnia, con qualche novella gli ascoltanti rallegrare. Egli era bellissimo parlatore e sempre aveva qualche bella cosa a le mani. Onde, quando il signor cavalier Vesconte Alfonso fece le nozze de la signora Antonia Gonzaga sua moglie, io che era ancor degli invitati mi ricordo che narrò tra l’altre volte una novella qui a Milano avvenuta, la quale, per esser a proposito de la materia di cui ora si ragionava, mi piace di dirvi. Vi dico adunque che Francesco Sforza, che con l’armi s’acquistò il ducato di Milano, fu uomo ne le cose militari senza dubio da esser agguagliato a qualunque eccellente ed antico romano. Egli ancor che non fosse letterato, come quello che era stato sotto il vittorioso capitano Sforza Attendulo suo padre da teneri anni nodrito, nondimeno amò sempre gli uomini dotti in qualunque scienza si fosse, e diede loro gran salari. Fra molti adunque che egli qui in Milano e altrove mantenne, v’era il Porcellio, poeta romano, il quale, ben che fosse nato ed allevato a Napoli, nondimeno voleva esser detto romano. Egli era assai buon poeta secondo quei tempi che le buone lettere, ch’erano state tante centinaia d’anni sepolte, cominciavano a levar il capo e a ripolirsi. E chi bramasse veder qualche sua composizione, vada nel palazzo che fu del famoso conte Gasparo Vimercato