amante, che lieto l’aspettava, fece ritorno. Quivi, per non perder tempo in parole, entrarono a far un’altra volta la moresca trivigiana. E mentre che scherzavano, la donna imitando il romore che fa l’uomo pieno di vento quando va del corpo, fece con la bocca sí gran romore, che Angravalle, sentendo il ribombo, essendo le camere vicine, disse: — Mogliema, questo è tutto freddo che tu hai preso. — Ella, che giá aveva messo il rossignuolo ne la gabbia, beffando Angravalle in questo modo gli rispose: — Tu dici ben il vero, marito mio caro, ma la colpa è tua e il danno è mio, perché non mi sai coprir e tener calda. — Niceno scoppiava de le risa, e mille volte la donna basciava, e basciandola fecero due volte entrar il diavolo ne l’inferno dolcissimamente, prima che madonna Bindoccia partisse. Insomma, ella essendo al marito ritornata, quattro altre volte a l’amante rivenne, dal quale sempre fu ottimamente ricevuta, né mai senza far un tratto la moresca si parti. E parendo lor per quella notte aver fatto assai, avendo mandato Angravalle nove volte a Cornazzano, Niceno per la via che venuto era a casa sua ed ella al marito se ne ritornarono. Angravalle, che sí spesso levar l’aveva sentita, ultimamente le disse: — Moglie, se tu non provedi al caso tuo, questo sí bestial flusso ti potrebbe dar il malanno. Io vo’ domatina far venir il nostro medico, ed egli ti fará qualche provigione dando compenso al tuo male. — La donna, che otto buoni siroppi di mele e di zucchero ed una medicina di manna si aveva quella notte con grandissima dolcezza ed incredibil piacer trangugiato, essendosi bene de l’umore malinconico purgata, né altro medico che il suo Niceno voleva, gli rispose che credeva di poter far senza medicine, perché meglio si sentiva e non aveva piú doglia di testa, e cosí il rimanente de la notte che restava attese a dormir molto bene, e quasi che dormí fino a l’ora del desinare, ristorando la stracchezza de le nove miglia che caminate aveva. Levatasi poi suso e da Angravalle domandata come si sentisse, a quello rispose che la Dio mercé si portava benissimo, perché conosceva che quel flusso l’era stato in vece d’una salutifera e perfetta medicina. Messer lo montone, come quello che non