vita mia, gravemente ingannato, perché io porto ferma openione che non abbiate il maggior nemico al mondo di lui. E udite come io lo so, a ciò che non vi pensassi che cotesta fosse una imaginazione. Quando egli praticava meco, venimmo a certo modo a ragionar di voi, dove egli mi giurò che non si trovarebbe mai contento se non vi faceva un di ficcare un pugnale
avvelenato nel petto, e che sperava in breve di farvi fare un cosí fatto scherzo che più non mangiareste pane. E molte altre male parole mi disse di voi; ma la cagione che a questo lo movesse non mi volle egli discoprir già mai, quantunque io molto affettuosamente ne lo ricercassi. Tuttavia, ancor ch’io fossi in còlera con voi, non restai perciò di pregarlo che non si mettesse a cotesta impresa. Ma egli mi replicava iratamente che era determinato di farlo e che io gli parlassi d’altro. Sí che guardatevi da lui e andate avvertito mettendo mente ai casi vostri. Ma se voi mi credessi, io vi consigliarei ben di modo che non avereste tema di lui né de le sue bravarie. Io giocarei di prima, e ciò ch’egli cerca di fare a voi, io farei a lui. Voi avete benissimo il modo di potergliela cingere, e ne sarete sempre lodato e tenuto da più. Credetelo a me, che se voi non cominciate prima, egli non dormirà, ma un giorno che voi non ci porrete mente, egli vi farà ammazzare. Fate al mio conseglio, fatelo ammazzare quanto più tosto potete, ché oltre che farete il debito vostro ed ufficio di cavaliero assicurando la vita vostra che vi deve esser carissima, a me anco farete voi
un dei più singolari piaceri che mi possano oggidí esser fatti. E se per vostro conto non lo volete fare, fatelo per amor mio, ché se voi mi donassi una città non mi sarebbe il dono cosí caro, come veder questo scilinguato morto. Sí che se m’amarete, come credo mi amate, voi levarete dal mondo questo superbo ed arrogante, che non stima né Dio né gli uomini. —
Poteva la donna persuadere al signor Ardizzino questa sua favola esser vera, se non avesse mostrato questa sua ultima affezione, di modo che egli giudicò la donna essersi mossa per odio particolare che al conte portava e non per cagion di lui, e tenne per fermo che il conte mai non l’avesse fatto motto di