conoscerete che io mai non commisi né pensai far cosa che ragionevolmente vi potesse recar noia. Vi amai, come sapete, non per rubarvi l’onor de la vostra verginitá, ma per avervi, piacendo a voi, per sposa, e di questo non ci è meglior testimonio che voi. Ora, non avendo voi mostrato ira contra me se non per cagione de lo sparviero che mi fu questi di donato, vi dico che Isabella figliuola del signor Ferrando mi mandò a donar il detto augello e mi sarebbe paruto far gran discortesia a non accettarlo, essendo doni che tra gentiluomini si costumano. Ma con Isabella non ho parlato giá mai se non in casa vostra ed a la presenza vostra. Che ella m’abbia amato del modo che voi vi sète imaginata, questo non so io, perciò che meco non ne parlò giá mai. E se parola detto me n’avesse, ella sarebbe restata chiara che io non aveva se non un core che piú non era in mia libertá, avendone io a voi di giá fatto un dono irrevocabile. Ora, sapendo ella che io per rispetto vostro abbia il suo sparviero strangolato e dato a mangiar a’ cani, credo che sia certa che io punto non l’ami. E questo deveva pur anco farvi conoscer l’innocenzia mia. Ma folto ed oscuro velo di fiero ed ingiusto sdegno v’ha di maniera velati gli occhi ed accecati, che non vi lascia veder il vero. Né io altro testimonio saperei de l’innocenzia mia darvi che il mio core che vosco alberga. Sia adunque cosí, poi che cosí vi piace. Avendomi voi in odio, non potrei far altrimenti che odiar me stesso, e veggendo che la mia morte v’aggrada, ed io ne morrò. Una sola cosa mi duole, che rimanendo io innocente voi debbiate restar colpevole. La mia morte altro non sará che un brevissimo sospiro, e la vostra crudeltá che meco usate vi sará sempre innanzi agli occhi. Io priego Iddio che tanto vi faccia lieta, quanto voi desiderate che io sia tristo. Statevi con Dio. — Restò piena d’infinito stupore la donna vedova quando ebbe letta la lettera, e forte biasimò la figliuola che a simil rischio avesse condotto si gentil ed onorato cavaliero e molto le disse male. Ma ella era tanto adirata e si odiava il cavaliero, che le pareva gioire udendo che egli era in pena. Fatto poi chiamar il servidore di don Diego, gli domandò quanto era che il suo padrone si parti. Egli disse che