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novella xxv 335

Perciò mi parria, se cosi pare a voi, che per questi giorni, che saranno otto o dieci di, che dimoraremo in questo luogo, che noi devessimo bandir tutti i fastidi e pensieri noiosi ed usar quella onesta licenza che la stagione ed'il luogo ci dà. Noi siamo in villa, lungi da la città ove a me bisognarebbe andar togato e a voi altri che ciascuno vestisse secondo il grado suo, ove qui ce ne stiamo, come vedete, senza cerimonie ed usiamo quella libertà che ci pare. E per levar via le liti che erano tra noi, non lasciando perciò il ragionamento dei ladronecci, io ve ne vo’ narrare uno fatto in Egitto, ove ebbe assai maggior premio che non averebbe conseguito se si fosse trovato tra gli spartani. Vi dico adunque che ne l’antiche istorie dei regi de l’Egitto si legge che, morto Proteo, successe a quello per re uno chiamato Rapsantico, il quale fu il più ricco re che mai regnasse in quelle contrade. Egli, trovandosi i tesori grandissimi e quasi infiniti che a quelli di Proteo aveva aggiunti, non si confidando tenergli in palagio che fossero sicuri, perché in quel regno erano ladroni solenni, trovato un ingegnosissimo architetto, fece far un luogo particolare con muri fortissimi per la custodia di quelli, e le porte erano ferrate. L’architetto, che sapeva la cagione che moveva il re a fabricare quella machina, vi mise tutto l’ingegno suo per sodisfare al voler del re, e fece il luogo, oltra la beltà, molto sicuro. Tuttavia, combattuto e vinto da la cupidigia de l’oro che molte fiate i più saggi col suo velenoso splendore aobaglia, nel muro che corrispondeva sovra la strada, e tutto era di pietre di marmo maestrevolmente acconcie, dispose in modo una pietra che ella si poteva levare e mettere, ed altresi alcune che di dentro guardavano tanto sottilmente acconciò, che chi sapeva il fatto come stava sarebbe di notte entrato ed uscito che uomo niente non se ne sarebbe avveduto già mai. Finita che fu l’opera, il re fece portarvi dentro tutti i suoi tesori, e la chiave teneva sempre a cintola non la confidando a persona del mondo. L’architetto, o pentito di voler rubare i tesori o che che se ne fosse cagione, si stette che mai non si mise a cotal impresa. Ed indugiando di giorno in giorno e tuttavia differendo di rubar il luogo, egli infermò gravissimamente. Onde, veggendo