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IL BANDELLO
al molto illustre signore
LODOVICO TIZZONE
conte di Deciana
Partendoci questi di passati frate Girolamo, vostro figliuolo, ed io per andar a visitare il sepolcro di Varallo e quei bellissimi e divoti luoghi fatti a simiglianza dei luoghi di Terra Santa, dapoi compito il viaggio e ritornati allegramente a Deciana, voi voleste che andassimo a goder l’amenitá ed il fresco, in Monferrato, del vostro castello di Ponzano vicino a la famosa chiesa di Santa Maria di Creta. Era tra gli altri che vennero di compagnia con noi l’eccellente dottore messer Costantino Tizzone, uomo, come meglio di me sapete, oltra le buone lettere che ha, di costumi integerrimi e di conversazione molto gioconda e piacevole. Essendo adunque a Ponzano e ragionandosi d’un ladroneccio che era stato fatto a Crescentino, terra del conte Giacomo Tizzone vostro cugino, che il ladro aveva fatto impiccare come era meritevole, si venne non so come a ragionar del costume antichissimo dei lacedemòni, i quali, quando era commesso un furto, ritrovando il malfattore, acerbamente lo punivano come uomo di poco ingegno che non aveva saputo l’error e fallo suo coprire. Per il contrario poi, divolgato il furto e fatte le debite e diligenti inquisizioni, se il ladro non si poteva ritrovare né di lui aversi indicio alcuno e, fatta la investigazion solita, egli poi si fosse al magistrato spartano manifestato, non solamente non riceveva danno né vergogna, ma gli erano dati premi da la republica con lode grandissime, giudicandolo uomo d’elevato ingegno, prudente ed astuto. E tra noi essendo nata questione se questa legge o costuma che si fosse era lodevole o no, molte