culla d’avorio bellissima, tutta contrapassata di fin oro, ornata di preziosissime gemme; poi fattovi dentro porre il fanciullo in finissimi drappi di seta e di broccato d'oro, quello con la sua nutrice pomposamente accompagnato fece condurre al re in quel tempo che le solennissime nozze si celebravano. Era esso re in una ornatissima sala in compagnia di molti dei suoi baroni. Ove giunto colui che il carico aveva di presentar il fanciulletto al re, fece la culla innanzi a lui deporre ed inginocchiossi innanzi a quello. Il re e tutti i baroni di questa cosa meravigliati, attendevano ciò che il messo voleva dire. Il quale, tenendo la culla, disse: — Invittissimo re, io da parte d’Ariabarzane mio padrone e vostro vassallo inchinevolmente vi bascio le real mani, e, fatta la debita riverenza, v’appresento questo dono. Ariabarzane infinitamente l'altezza vostra ringrazia di tanta umanitá, quanta con lui v’è piaciuto d’usare, degnandovi far seco parentado. Il perché non volendo a tanta cortesia esser ingrato, questo dono — e quivi discoperse la culla — per me vi manda. — Scoperta la culla, apparve il bellissimo figliuolino che era a veder la piú vezzosa cosa del mondo, e tanto si vedeva simil al re, come la mezza luna a l'altra metá appare. Alora ciascheduno, senz’altra cosa udire, disse: — Veramente questo figliuolo, sacro re, è vostro. — Il re non si saziava di mirarlo, e tanto era il piacer che da la vista di quello pigliava, che nulla diceva. Il fanciullo, facendo tali suoi movimenti vezzosi e con le pargolette mani scherzando, spesso al padre con soavissimi risi si avvolgeva. Il quale, poi che buona pezza intentamente l’ebbe rimirato, volle dal messo saper che cosa ciò fosse. Quivi il messo il tutto puntalmente al re disse. Udita egli questa istoria, e fatta chiamar la reina, e da quella altresí del tutto certificato, mostrò meravigliosa contentezza, e molto allegramente accettò il picciol figliuolo, e quasi fu per chiamarsi vinto. Tuttavia, parendogli d’esser giá tanto innanzi passato, che il ritrarne il piede sarebbe stato vergogna e biasimo, deliberò ancora usar con Ariabarzane una cortese magnanimitá, col cui mezzo od in tutto lo vincesse od avesse apparente ragione di venir seco a mortal nemicizia. Aveva il re una figliuola d’etá d’anni venti in vent’uno, molto bella e gen-