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novella xxii 309

era vaga e snella e cosí gentilmente da la natura formata che niente le mancava. Ella poi cosí a tempo e tanto gaiamente, secondo gli accidenti, or parte or tutta la persona moveva, che ogni suo atto, ogni cenno ed ogni movimento era pieno d’infinita grazia e pareva che a viva forza i cori dei riguardanti involasse. Onde chi Fenicia la disse non si discostò punto dal vero, perciò che ella era una fenice che tutte l’altre giovani di gran lunga di bellezza avanzava. Né ancora men bella presenza dimostrava Belfiore, se non che essendo piú fanciulla tanta maiestate e tanta grazia negli atti e movimenti suoi non aveva. Ora si stette tutto quel di in gioia ed in festa, e i dui sposi non si potevano saziare di mirare e goder parlando le lor donne. Ma il signor Timbreo era quello che fuor di modo gioiva e quasi a se stesso non credeva esser lá dove era, dubitando non s’insognare, o forse che questo non fosse qualche incantamento fatto per arte magica. Finito quel giorno e venuto il di seguente, s’apparecchiarono per ritornarsene a Messina e quivi far le nozze con quella solennitá che al grado dei dui signori apparteneva. Essi signori sposi prima per messi a posta avevano del successo loro avvisato un loro amico, molto del re domestico, e a lui commesso quanto desideravano che egli facesse. Questi il di medesimo ne andò a far riverenza al re Piero a nome dei dui cavalieri, e a quello narrò tutta l’istoria de l’amore dei dui cavalieri e quanto dal principio a la fine era successo. Di che il re mostrò non picciola allegrezza. E fatta chiamar la reina, volle che colui intieramente un’altra volta a la presenza di lei tutta l’istoria narrasse. Il che egli puntalmente fece con grandissima sodisfazione e non piccola ammirazione de la reina, che sentendo il pietoso caso avvenuto a Fenicia fu astretta per pietá de la giovane a lagrimare. Ora, perciò che a quei tempi nel re Piero piú che in tutti gli altri prencipi regnava liberal cortesia ed era quello che meglio sapeva rimeritar chiunque il valeva, e la reina altresí era cortese e gentilissima, il re a quella aperse l’animo suo e quanto far intendeva le disse. La reina, udendo cosí magnifica deliberazione, assai commendò il parer e volontá del suo marito e signore.