e massimamente figliuola d’un suo vassallo che egli di corte bandito aveva. Altri il lodarono, come sono diversi i costumi de’ cortegiani. Non vi fu però nessuno di loro che a la cagion s’apponesse che moveva il re a far questo parentado, il qual fatto aveva per far confessare ad Ariabarzane che egli togliendo de le cose sue si deveva chiamar umano e cortese. Ora fatte le nozze, che sontuose si fecero, mandò Ariabarzane al re un’altra dote come era stata la prima, dicendo che, se bene egli aveva statuito la dote a le figliuole, che fatto l’aveva pensando di maritarle a suoi eguali, ma veggendo che egli, il quale deve esser fuor d’ogni eccezione, giá era divenuto marito d’una, che gli pareva convenevol dargli piú dote che a chiunque altro che gli fosse diventato genero. Ma il re non volle questo accrescimento di dote, e tenevasi molto ben pagato de la beltá e maniere de la nuova sposa, e quella teneva ed onorava come reina. Fra questo mezzo ella ingravidò d'un figliuol maschio, come poi nel partorire apparve, onde avvedutasi de la gravidezza, quanto puoté meglio la celò. Ma veggendo poi per il crescer che il ventre faceva, che piú la gravidezza sua nasconder non si poteva, essendo seco il re e molto domesticamente con lei scherzando, ella, che accortissima era e sagace, lo messe in vari ragionamenti, tra i quali le parve poter assai comodamente il fatto suo scoprire, di modo che venuto a proposito gli dichiarò come ella non era piú bella de la sorella. Il re, udito questo, si sdegnò forte che Ariabarzane non avesse ubidito al comandamento suo; e quantunque amasse molto la moglie, tuttavia per venir al suo dissegno chiamò l’araldo che a richieder la moglie aveva prima mandato, ed insieme con lui quella al padre rimandò, e sí gli fece dire; — Ariabarzane, poi che avvisto ti sei che l’umanitá del nostro re t’ha superato e vinto, hai voluto in luogo di cortesia con quello usar malignitá e disubidienza, e de le figliuole tue, non quella che io in nome suo ti richiesi, ma quella che ti parve, mandarli: cosa in vero degna d’acerbissimo castigo. Il perché egli del fatto non mezzanamente adirato, a casa te la rimanda, e vuole che la primiera per me se gli meni, e medesimamente la dote che gli desti intieramente t’ho recata; ecco