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novella xxii 285

Quivi tenendo egli una corte molto reale e per la ottenuta vittoria essendo ogni cosa in allegrezza ed armeggiandosi lutto ’l dí e facendosi balli, un suo cavalier e barone molto stimato ed il quale il re Piero, perché era prode de la persona e ne le passate guerre sempre s’era valorosamente diportato, sommamente amava, d’una giovanetta figliuola di messer Lionato de’ Lionati, gentiluomo di Messina, la quale oltra ogn’altra de la contrada era gentilesca, avvenente e bella, fieramente s’innamorò e a poco a poco cosí fattamente di lei s’accese, che senza la soave vista di quella né sapeva né voleva vivere. Domandavasi il barone il signor Timbreo di Cardona e la fanciulla Fenicia si chiamava. Egli, perciò che per terra e per mare fin da la sua fanciullezza aveva sempre il re Piero servito, fu molto riccamente rimeritato; ché oltra gli infiniti doni che ebbe, il re in quei di gli aveva data la contea di Collisano con altre terre, di maniera che la sua entrata, senza la pensione che dal re aveva, era di piú di xii mila ducati. Ora cominciò il signor Timbreo passar ogni giorno dinanzi la casa de la fanciulla, quel di che la vedeva beato stimandosi. Fenicia, che era, ben che fanciulletta, avveduta e saggia, s’avvide di leggero de la cagione del passeggiar del cavaliero. Era fama che il signor Timbreo fosse uno dei favoriti appo il re e che pochi ci fossero in corte che valessero quello ch’egli valeva, onde da tutti era onorato. Il perché Fenicia, oltra ciò che udito ne aveva, veggendolo molto signorilmente vestito e con onorata famiglia dietro, ed oltra questo che era bellissimo giovine e molto mostrava esser costumato, cominciò anch’ella piacevolmente a guardarlo ed onestamente farli riverenza. Il cavaliere ogni di piú s’accendeva, e quanto piú spesso la mirava tanto piú sentiva la fiamma sua farsi maggiore, ed essendo tanto nel suo core questo nuovo fuoco cresciuto che tutto si sentiva per amor de la bella fanciulla struggere, deliberò per ogni via che possibil fosse averla. Ma il tutto fu indarno, perciò che a quante lettere, messi ed ambasciate ch’egli le mandò, ella altro mai non rispose, se non che la sua virginitá ella inviolata serbar intendeva a chi dato le fosse per marito. Il perché il povero amante si ritrovava