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276 parte prima

filate e non dite se vi è chi sappia il fine, perché qui siate venuto. Se volete vivere, mostratemi del filo e dite la cosa com’è. Se non, ve ne rimanete. — E veggendo che filato non aveva né disposto era dire ciò che se gli domandava, chiuse il portello. Il mal arrivato barone quella sera non ebbe né pane né vino. Onde, perché proverbialmente si dice che chi va a letto senza cena tutta la notte si dimena, egli mai non chiuse occhio in tutta la notte. Ora, come fu il barone serrato in camera, in quel punto, per commissione de la donna, furono segretamente e con destrezza sostenuti i servidori e i cavalli del signor Alberto, ed insieme con le robe di quello ridotti in un luogo appartato, ove erano benissimo del vivere provisti e non mancava loro altra cosa che la libertá. Si fece dapoi spargere la voce che il signor Alberto se n’era tornato in Ongaria. Ma tornando al cavalier boemo, vi dico dunque che egli, sapendo uno dei dui competitori ongari essersi da la corte partito e cavalcato in Boemia, ognora contemplava la incantata imagine per vedere se di colore si cangiava. Onde, in quei tre o quattro giorni che l’ongaro cercava renderla verso sé pieghevole, in tutte l’ore che egli le parlava vedeva il boemo la sua imagine farsi di color giallo e poi ritornare al suo nativo colore. E veggendo che piú non si cangiava, tenne per certo il barone ongaro esser stato repulso e niente aver operato. Del che si trovava sovra modo contento, parendogli di poter esser sicuro de la onestá de la moglie. Tuttavia egli in tutto non si assicurava, né il core gli stava ben riposato, dubitando che il signor Uladislao, che ancora partito non s’era, non fosse piú del compagno aventuroso ed ottenesse ciò che l’altro non aveva potuto acquistare. Il barone, che imprigionato si trovava, non avendo il dí innanzi a la sua presura mangiato cosa alcuna e la notte nulla dormito, venuta la matina, dopo che molto e molto ebbe ai casi suoi pensato, veggendo che quindi non aveva rimedio d’uscire se a la donna non ubidiva, fece di necessitá vertú e si elesse, per guadagnar il vivere, manifestar la convenzion sua e del compagno fatta con il cavaliero e prender la conocchia e filare. E ancor ch’egli mai filato non avesse,