visitarlo, e mentre stava in questa aspettazione e mille chimere tuttavia faceva, ecco che sentí aprirsi un picciolo portello, che era ne l’uscio di essa camera, il quale era tanto picciolo che a pena bastava a porgervi per entro un pane ed un bicchiero di vino, come si suol porgere ai prigionieri. Egli, che credeva che fosse la sua donna che venisse a vederlo e donargli il suo amore, si levò, e levandosi sentí una voce di donzella, che dal bucolino cosí gli disse: — Signor Alberto, mia padrona, la signora Barbera — ché tale era il nome de la donna del castello — vi manda per me a dire che, essendo voi venuto a questo suo luogo per rubarle il suo onore, che come ladrone vi ha impregionato e intende di farvi portar quella penitenza che le parrá convenevole e che il peccato vostro merita. Pertanto, mentre che costá dentro voi starete, volendo manigar e bere, egli sará forza che voi ve lo guadagnate con il filare, come fanno le povere donne per sostenimento de la vita loro. Bene vi assicuro che, quanto piú di filo filarete, tanto i cibi vostri saranno meglio conditi e in piú copia. Altrimenti voi digiunarete in pane ed acqua. E questo vi sia per sempre detto, perché altro motto di questo non vi si fará. — Cosí parlato, la donzella riserrò il portello e se ne ritornò a la sua signora. Il barone, che si credeva esser venuto a nozze e che per meglio correr la posta il matino niente o poco mangiato aveva, a cosí strano annunzio restò il piú stordito uomo del mondo, e quasi, come la terra sotto i piedi mancata li fosse, in un tratto gli fuggirono tutti gli spiriti, e perduta ogni forza e lena si abbandonò e cadde sovra il battuto de la camera, di modo che chi veduto l’avesse l’averebbe giudicato piú morto che vivo. Stette cosí buona pezza, e poi alquanto in sé rivenuto non sapeva se si sognava o pur se era vero ciò che da la donzella udito aveva. A la fine, pure veggendo e per fermo tenendo che come augello in gabbia egli era in prigione, di sdegno e di rabbia pensò morirsi ed impazzire, e lungamente tra sé come forsennato farneticando, né sapendo che si fare, passò tutto il rimanente del giorno passeggiando per la camera, vaneggiando, sospirando, bravando, bestemmiando e maledicendo l'ora e il dí ch’in sí fatto farnetico