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268 parte prima

Il che molto piú gli accrebbe il favor e grazia del re, di maniera che, oltra i danari e doni ch'a la giornata riceveva, ebbe anco in feudo un castello con buona entrata. Per questo parve al cavaliero d'aver fatto ottima elezione ad essersi messo in corte ai servigi del re, e ne lodava Iddio che a questo inspirato l’avesse, sperando ogni giorno di meglio. Tanto piú poi contento e lieto viveva, quanto ch’ogni di piú e piú volte pigliava in mano il caro scatolino ov’era l’imagine de la donna, la quale sempre vide sí bella e sí ben colorita come se alora alora fosse stata dipinta. Era la fama in corte che Ulrico aveva in Boemia per moglie la piú bella e leggiadra giovane de la Boemia e de l’Ongaria. Onde avvenne che una volta, essendo molti cortegiani di brigata, tra i quali era il cavaliere, ch’un barone ongaro gli disse: — Come può egli esser, signor Ulrico, che omai sia circa un anno e mezzo che partiste di Boemia, e mai non ci siate tornato a veder vostra moglie, la quale, per quello che la fama con publico grido afferma, è cosí bella giovane? Certamente molto poco di lei vi de’ calere. — Sí mi cale pur assai — rispose Ulrico — e l’amo a par de la vita mia. Ma il non esser io in tanto tempo andato a vederla è non picciolo argomento de la sua vertú e de la mia fede. De la sua vertú che ella sia contenta che io serva al mio re, e le basta che spesso abbia nuova di me ed io di lei, non ci mancando assai sovente la comoditá di visitarci con lettere. La fede mia poi e l'obligo che io conosco avere al re nostro signore, dal quale ho tanti e tali benefici ricevuti, ed il continovo guerreggiare che si fa a le frontiere dei nemici di Cristo, ponno in me molto piú che non può l’amore de la moglie; e tanto piú voglio che il debito mio verso il re preponderi a l'amor maritale, quanto che io so che de la fede e costanza de la mia donna posso viver sicuro, come di colei che, oltra la beltá sua, è saggia, costumata ed onestissima e me sovra ogni creata cosa tien caro ed ama a par degli occhi suoi. — Cotesto è un gran parlare — soggiunse il barone ongaro — che voi dite di esser sicuro de la fede e pudicizia de la moglie vostra, de le quali ella istessa non potrebbe assicurarsi, perciò che ora sará la donna in un