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novella xxi 261

commessione del duca Lodovico Sforza era ito per accompagnar il signor donno Ippolito da Este cardinal di Ferrara, che a prender la possessione del vescovado di Strigonia andava. Devete adunque sapere, per dirvi la novella, che Mattia Corvino, come qualunque persona che sia qui può per fama aver inteso, fu re d’Ongaria, e perché era bellicosissimo ed uomo di grandissimo vedere, fu il primo famoso ed anco il piú temuto da' turchi che in quel reame giá mai regnasse. E tra l’altre molte vertú sue, cosí de l'arme come de le lettere, era il piú liberale ed il piú cortese prencipe che in quella etá vivesse. Egli ebbe per moglie la reina Beatrice di Ragona, figliuola del re Ferrando vecchio di Napoli e sorella de la madre d’Alfonso, oggi duca di Ferrara, la quale in vero fu donna eccellentissima di lettere, di costumi e d'ogn’altra vertú a donna di qualunque grado si sia appartenente ornata. Ella, non meno del re Mattia suo marito, cortese e liberale, ad altro non attendeva, che tutto il dí onorare e guiderdonare tutti quelli che le pareva che per alcuna vertú il valessero, di modo che ne la casa di questi dui magnanimi prencipi si riparavano d’ogni nazione uomini vertuosi in qual si voglia essercizio, e ciascuno secondo il merito e grado suo era ben visto ed intertenuto. Ora avvenne che in quei giorni fu un cavalier boemo, vassallo del re Mattia, perché anco era re di Boemia, il quale, di casa nobilissima nato e molto de la persona prode e ne l’armi essercitato, s'innamorò d’una bellissima giovane, molto nobile e che il titolo portava d’esser la piú bella de la contrada, che aveva un fratello, ancor che gentiluomo fosse, povero e dei beni de la fortuna molto mal agiato. Il cavalier boemo era altresí non molto ricco ed aveva solamente un suo castello, ove con gran difficultá da par suo viver poteva. Innamoratosi adunque de la bella giovane, quella al fratello di lei domandò ed ebbe per moglie, con assai poca dote. E non essendosi ancora ben avveduto de la sua povertá, l'aver condotta la moglie a casa gli aperse gli occhi, e cominciò avvedersi quanto era mal in arnese e come difficilmente si poteva mantenere con le poche rendite che dal suo castello traeva. Era egli uomo gentile e da bene, il quale a modo veruno i suoi