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260 parte prima

soggiunse la signora Gostanza Bentivoglia, moglie del signor conte Lorenzo Strozzo: — Ed io anco sono del parer vostro; ma perché chiunque è qui ha piú volte lette e udite le Cento Novelle, io sarei di openione che alcuno di voi dicesse di quelle o istorie o novelle che cosí non sono divolgate. — Si faccia, si faccia — disse quasi tutta la brigata, quando la signora Cecilia pregò il signor Manfredi dei signori di Correggio, giovine costumato e piacevole, che una novella volesse dire. Il quale, dopo alcuna escusazione, a la fine una ne narrò, che molto a la lieta compagnia piacque. Onde io avendola scritta e meco pensando a cui donar la dovessi, voi tra molti mi occorreste, al quale meglio che a nessun altro ella conviene, essendo voi negli anni de la florida giovanezza, oltre le molte doti che in voi sono, di maturi costumi e di provida discrezione dotato. Ed io porto ferma openione che mai voi non sareste stato cosí trascurato come furono i dui ongari ne la novella nominati. Il perché, leggendo le loro pazzie, vi sforzarete più di giorno in giorno misurare le operazioni vostre, come saggiamente fate, col compasso de la ragione, ed avanzar la espettazione che la buona creanza vostra sempre ci ha dato. State sano.


NOVELLA XXI

Mirabil beffa fatta da una gentildonna a dui baroni

del regno d'Ongaria.


Io non so, signora Cecilia molto amabile ed onoranda, se cosí di leggero mi debbia, avendomene voi pregato, porre a novellare, non essendo io molto pratico di cotal mestiero, nel quale veggio alcuni in questa nobile ed onorata compagnia, che vie meglio di me e con maggior sodisfazione di tutti, essendo in quello essercitati, si diportarebbero, ed io piú volentieri ad udirli me ne dimorarei, che esser io il dicitore. Ma perché voglio che sempre i vostri cortesi preghi abbiano appo me luogo di comandamento, io, a la meglio che saperò, dirò una novella, la quale non sono molti anni il signor Niccolò di Correggio, mio zio, narrò, essendo dal regno d'Ongaria tornato, ove per