mia cella ed accompagnate qui la persona che è lá dentro. — Andarono le donne e condussero Faustina in capitolo, a cui giá avevano tagliati i capelli e vestita da suora; ella venne con un viso e con certe riverenze, che pareva proprio che sempre fosse stata a dir paternostri ed avemarie. Ella per comandamento de la badessa disse: — Madri reverende, devete sapere che sono giá circa sette mesi passati che Marco Antonio mio marito, un giorno che io da merigge dormiva, mi diede due pugnalate e passommi di banda in banda e credendo che io fossi morta mi gettò nel chiazzetto de la mia camera. Io, che fin da fanciulla fui sempre divota de la nostra Donna di Loreto, nel cader giú m’attaccai a un travicello, che nel necessario spigne in fuori, e feci voto andar discalza a Loreto ed offerire una imagine trafitta due volte di banda in banda con un pugnale. E fatto il voto mi sentii in tutto sana, in modo che cicatrice in me non appare. Ed uscita del chiazzetto, qui me ne venni, ove mia zia mi ha la sua mercé tenuta, e queste due venerabili madri per lor cortesia m’hanno cosí longo tempo nodrita. — Le sante monache si bagnarono di molte lagrime il petto e credettero il tutto, di tal maniera che tutte arebbero sagramentato che tutto quel tempo Faustina era stata nel monastero. Ora ebbe modo Faustina di fare che quel servidore che l’aveva avvisata come il marito voleva ammazzarla levò fuor del necessario l’imagine che quivi invece di lei il marito aveva gettata. Con le monache poi sí fattamente si governò, che elle tutte la tenevano per la piú onesta donna che in tutta Roma fosse. Venne Marco Antonio a Roma con Cornelia, e subito andò a ritrovar la badessa, da la quale fu amorevolmente raccolto. E dopo l'accoglienze, la badessa cosí gli disse: — Tu dei sapere, Marco Antonio nipote mio carissimo, che se io quanto figliuolo non ti amassi, qui non t’averei fatto venire. E se piú tosto avessi io inteso ove tu eri, non averei giá tanto tardato. Figliuol mio, e’ si suol dire che le cose passate piú tosto si ponno riprendere che emendare. Ciò che una volta è fatto, chi fará che fatto non sia? Tu sai che vita in Genova fatta hai, il che subito ch’io intesi, ho mandato per te. E quando ti deliberi vivere onoratamente, non ti mancherá il modo, perciò