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novella xviii 233

marito, il cui padre era messer Bellincione Berti dei Ravegnani. Aveva essa fanciulla il nome d’essere la piú bella, vaga e leggiadra giovanetta, non solamente di Firenze, ma di tutta Toscana, ed ovunque ella andava traeva a sé gli occhi di quanti v’erano. Come l'imperadore la vide, meravigliosamente si dilettò de la vista di lei, la quale tanto gli piacque, che mentre ch’egli stette in chiesa sempre le tenne gli occhi fisamente nel bel viso, e tra sé ora questa parte di lei ora quell’altra contemplando e tutte sommamente lodandole, a poco a poco non se ne accorgendo, dal piacer de la vista ingannato, assai piú che a la gravitá di tanta maiestá non conveniva de le infinite bellezze di quella s’accese. A lui quanto piú la mirava pareva piú bella ogni ora, e tanto piú che sempre scorgeva in lei qualche parte di bello, che prima veduta non aveva. Poi che i divini uffici con grandissima noia de l’imperadore furono finiti, ché averebbe voluto che tutto il giorno fossero durati, partí la fanciulla con le sue compagne, ed altresí l’imperadore al palazzo si ridusse, ed essendo poste le tavole si pose a mensa, ma nulla o poco mangiò, avendo tanto il pensiero a le bellezze de la veduta fanciulla rivolto, che ad altro attender non poteva. Onde sentendosi di tal sorte di lei infiammato, che il voler, non ammorzare, ma scemar le fiamme gli pareva impossibile, si ritrovò molto di mala voglia, né sapeva che farsi. Commise ad un suo fidato cameriero che spiasse di cui ella fosse figliuola, avendogli dati i contrasegni de le vestimenta ed il luogo ove in chiesa stava. Andò il diligente cameriero, e tanto investigò, che egli intese il nome del padre de la fanciulla e a l’imperadore il rapportò. Egli, informatosi de le condizioni del gentiluomo, intese quello esser molto nobile, ma povero, ed uomo di poca levatura. Il perché dopo molti e molti pensieri, non volendo a modo alcuno usar la forza, deliberò col mezzo del padre ottener l’intento suo. Se lo fece adunque un giorno chiamare in palazzo, e tutti di camera cacciati, volle che quello, ancor che assai il ricusasse di fare, appo sé si mettesse a sedere. Dopo che egli fu assiso, cosí l'imperadore, sospirando, a dire cominciò: — Io credo, messer Bellincione, che voi senza dubio