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novella xvii 213

non pur giorni ma mesi, e vide che il giovine non le mandava a dir nulla, diceva spesso tra sé: — Lassa me, che farò io? Che pazzia è stata la mia ad accendermi si fieramente di sí sempliciotto figliolo, che del mio amore punto non s’accorge? Sarò sí presuntuosa ch’io lo richieggia? Averò tanto poco rispetto a la fama mia ch’io gli scriva o mandi ambasciate? Chi sa che egli ad altri non lo ridica e di me beffe si faccia? E se pur a’ miei prieghi pieghevole si renda, come uomo da me pregato dubito assai che sempre mi tenga in conto di donna vile e creda che io del corpo mio faccia mercanzia. Ahi sciocchezza di quelle donne, e di me particolarmente, che si mettono, com’ho fatto io, ad amar un giovine sbarbato. Non si sa egli che in cosí giovenile etá non è esperienza, non ci è avvedimento alcuno? questi giovinetti per il piú de le volte amano e disamano in un punto. Io conosco molto bene che, se in un uomo a me uguale avessi posto l’amor mio, e fattogli la metá del lieto viso che a questo sempliciotto ho dimostro, che io averei giá ricevuto mille lettere e goduto de l’amor mio. Quanto meglio averei fatt’io a dar udienza a le tante preghiere e ambasciate di messer Gregorio suo maggior fratello, che sí fervidamente mostrava amarmi e con tanta diligenza mi corteggiava e miseramente languiva. E s’egli non è sí come questo suo semplice fratello, è nondimeno bell’uomo ed avveduto, e non si sarebbe stato con le mani a cintola come fa costui. Io non gli averei sí picciol cenno saputo fare, ch’egli mi averebbe inteso ed usatomi mille amorosi inganni, nei quali, fingendo non avvedermene, mi sarei lasciata irretir con mio onore, e senza tutto il giorno consumarmi il mio intento averei conseguito. — Faceva questi discorsi tra sé la donna, e indarno se ne stava aspettando che il giovine la ricercasse. Ma veggendo che effetto nessuno al suo desio conforme non seguiva, impaziente a sopportar le voracissime fiamme de l’amore, ove miseramente struggendosi riposo alcuno non truovava, deliberò da se stessa aiutarsi. Aveva ella una sua fanticella molto esperta ed audace ed assai appariscente. Di questa fatta deliberazione di fidarsi, presa la oportunitá le disse: — Pasqua mia — tale era il nome di quella — avendoti sempre