che sempre stato vi sono. E volendo la fede mia provare, fatene tutte quelle sperienze che sapete, ché sempre mi trovarete piú pronto assai e presto ad ubidirvi, che voi non sarete a comandarmi. — Tanto seppe il giovine cicalare e dire affettuosamente il fatto suo, che a la fine la donna con lui si rappacificò, e di pari volontá di ciascuno si spogliarono e si misero nel letto, ove poco dormirono, dandosi il meglior tempo del mondo. Era la donna al giovine meravigliosamente piacciuta, ed egli sí valorosamente ne la giostra si diportò, che ella alquanto di lui s’accese. La fante, al voler de la sua madonna accordatasi, s’andò a riposare. I famigli del giovine, come conobbero il lor padrone esser entrato in casa, non si smenticando il fieno, quello in piú volte nei sacchi tutto a casa ne portarono. Il primo amante ritornò e fece il segno, ma la fante sapendo gli alloggiamenti esser presi, fece il sordo. Ora veggendo egli che niuno si moveva, pensò che il parente del marito che la sera era arrivato avesse l’andata sua impedita. Ma le carezze che il giovine a la donna fece a lei il core cangiato avevano, la quale tutto il tempo che nel letto col giovine stette, quello sempre in braccio tenne, e provato quanto egli piú de l’altro valeva, piegata quella prima durezza in dolcissimo amore, di sempre esser sua si dispose, e dati seco nuovi ordini saggiamente operando, l’amor di quello si godeva. Trovate poi sue scusazioni con l’altro, per la via de la fante gli fece intendere che piú possibil non era che insieme si trovassero. Cosí adunque la savia donna, provato l’uno e l’altro, a colui che piú valente e di meglior nerbo giudicò, s’apprese, e il nuovo amante cominciando da scherzo fece da dovero, e seguitò e tuttavia segue questo amore, spesse fiate con la donna ridendo de l’aventurosa beffa.