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206 parte prima

vi sète potuta benissimo accorgere. E forse pensavate che io non vi fossi piú servidore e che l’immenso amore che vi portava mi avesse come una veste cavato. Ma voi eravate di gran lunga errata, perciò che l’amor mio in parte alcuna non s’era, non dico ammorzato, ma né pure intiepidito. Io, signora mia, non vi potendo di giorno vedere, me ne veniva di notte a veder le mura de la casa vostra, e nove e diece fiate ogni notte per la contrada vostra passava. Io mille volte toccava l’uscio per veder s’egli era fermato o no, quando sapeva il vostro consorte esser in villa, con deliberazione di venirmene a la camera vostra, e trovandola aperta, entrar dentro e tanto pregarvi che di me vi venisse compassione, ma mai non mi venne fatto. E perché io sapeva che altri piú di me v’era caro, e che quello del vostro amor avevate fatto degno, e che spesso di notte a voi il facevate venire, io tanto e tanto ci ho posto mente e tanto gli andari vostri ho osservato, che una volta m’è venuto fatto quello che io tanto desiderava. Questa notte, secondo il mio solito, essendo io venuto a veder le mura de l’albergo vostro, essendo dinanzi a la porta di quello, io sentii venir uno, e per non esser da lui né visto né conosciuto mi ritirai dietro al fieno de la vostra lezza che ne la contrada è posta, attendendo che colui che veniva passasse via. Ma egli, come fu per iscontro a la porta, diede il cotal segno. Onde costei che è qui venne a la finestra da basso e gli disse che un parente di vostro marito ci era venuto la sera, e che ancora non era ito al letto. E cosí sentii tutto quello che ella gli ragionò. Il perché deliberai di tentar la fortuna e veder se mi poteva riuscire il mio dissegno. Il che, mercé d’Amore, mi è venuto fatto; e voi che vie piú che la luce de gli occhi miei sempre ho desiderato, sète stata in mio potere. Egli, padrona mia, non può oggimai essere, che ciò che s’è fatto torni a dietro e non sia fatto. Se voi sarete cosí saggia e prudente come sète bella, acqueterete l’animo vostro e conoscerete quanto di male può avvenire, quando vogliate restar ostinata ed in tanta còlera in quanta vi veggio, perché io non intendo quindi partirmi senza la grazia vostra. Sí che, cor del corpo mio, accettatemi per quel vero e leal servidore