vostra consorte, quello di mio marito di notte ricercare? Non erano egli sí bianche, sí sottili, sí nette e sí bene profumate le lenzuola de l’uno come quelle de l’altro? Io per me infinitamente, serenissimo prence, di mio marito mi doglio, e dorrommene eternamente, che per goder altra che me si sia da me partito ed andato altrove, non essendo io giá storpiata e potendo tra le belle donne di questa nostra cittá comparire. Ed il medesimo fa madonna Luzia, che, come vedete, può ancor ella tra le belle esser annoverata. Deveva in vero ciascuno di voi de la sua moglie contentarsi e non, come fatto malamente avete, abbandonarla, cercando meglior pan che di grano. O bella cosa a lasciar convenevoli, belle e buone mogli per altrui! Voi vi dolete de le vostre donne, e pur dovereste di voi e non d’altri rammaricarvi, e col rammarico e dolore aver pazienza grandissima, perciò che avendo da star bene a casa vostra cercaste beffarvi l’un l’altro con i vostri amori, come quelli che dei cibi di casa eravate fastiditi e svogliati; ma lodato Iddio ed il saggio avvedimento nostro, ché se danno o vergogna ci è, ella deve pur tutta essere di voi dui. Ché, a la croce di Dio, io non veggio giá a voi altri uomini piú concessa licenza di far male che a noi, ben che per dapocaggine del sesso nostro vogliate far ciò che piú v’aggrada. Ma voi non sète giá signori, né noi siamo serve, ma ci domandiamo consorti, perciò che le santissime leggi del matrimonio, che fu il primo sagramento da Dio dopo la creazion de le cose dato ai mortali, vogliono che la fede sia uguale, e cosí sia tenuto il marito esser fedele a la moglie, come ella a lui. Che adunque querelando v’andate, se qual asino dá in parete, tal riceve? Non sapevate voi che la bilancia de la giustizia deve star giusta e non pender piú da un canto che da l’altro? Ma lasciamo oggimai il questionar di cotesto, e vegniamo a quello per il quale ci siamo presentate in questo luogo. Due cose, giustissimo prencipe, dinanzi al sublime cospetto vostro e di questi clarissimi signori ci hanno condotte, ché altrimenti non saremmo state ose presentarci in publico, e meno io averei avuto ardir di parlar in questo augustissimo auditorio, che solamente ad essercitati ed eloquentissimi