Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
novella xiv | 167 |
un’ora nel letto, che si levò un torbido e tempestoso vento, il quale con infiniti tuoni e lampi menò una guazzosa e grossissima pioggia, e tuttavia tuonando e lampeggiando furono i dui amanti dal fuoco de le folgoranti saette nel letto tocchi e di modo percossi che tutti dui, ignudi e strettissimamente abbracciati, morti si ritrovarono. Il pianto ne la casa si levò grandissimo e tutta la notte durò. La matina poi, publicatosi l’orrendo caso con general dolore di tutta la cittá di Napoli, furono gli sfortunati amanti onorevolmente in una sepoltura collocati, sovra la quale furono questi versi e molti altri epitaffi latini e volgari posti:
Voi, fortunati amanti, che godete
tranquillamente i vostri lieti amori,
mirate se mai furo aspri dolori
a par di quei ch’a me soffrir vedete.
Meco cercai pigliar ad una rete
la mia diletta sposa, e ratto fuori
di speme mi trovai, fra mille errori
in mar e ’n terra senza aver quiete.
E quando venne il tempo che la speme
a fiorir cominciò, la prima sera
fu del mio frutto svelta la radice;
ché ’l folgorante Giove meco insieme
uccise la mia donna. Ahi sorte fiera!
qual piú di me si trova oggi infelice?