loro che l’imperadore si fosse di tal sorta effeminato, che mai piú non devesse attendere a le cose militari. E tanto innanzi andò questo romore, che piú tosto sedizione si poteva nomare che mormorazione. Nessuno perciò v’era che ardisse farne motto a l’imperadore, conoscendolo di natura terribile e sovra modo crudele. Da l’altra banda, era egli sí ebro de le bellezze de la bellissima greca, che gli pareva aver acquistato piú felicitá in goder cosí formosa donna che non aveva fatto in acquistar cotanto famoso imperio. Ora, andando tuttavia la sedizion crescendo ed essendovi giá molti che dicevano non si dover a cosí effeminato imperadore ubidire, ma farne uno che attendesse a l’armi e a dilatar i termini de l'imperio e ad accrescer la sètta loro maomettana, Mustafá, che insieme con Maometto era da fanciullo allevato, giovine di grand’animo e a l’imperadore molto caro, che domesticamente ove egli era, ancor che fosse con la greca, entrava, tolta un dí l’oportunitá, passeggiando Maometto in un giardino tutto solo, riverentemente, come è il costume loro se gli accostò e gli disse: — Signore, quando non ti fosse discomodo, io molto volentieri ti direi ciò che a me pare che a la salute tua e del tuo regno appartenga. — E che ci è? — disse alora Maometto, umanamente a Mustafá rispondendo. — Egli è il vero, signor mio, — disse Mustafá — che io forse ti parrò presontuoso, dicendoti quanto ne l’animo mi è caduto che io debbia per ogni modo dirti. Ma sendomi io teco da’ primi anni allevato, e le molte cortesie che meco sempre tu hai usato, essendoti io fedelissimo schiavo, mi danno ardir di parlare, portando ferma openione che tu, come prudentissimo che sei, piglierai il tutto in buona parte. La vita che dopo la presa di Constantinopoli hai menato fa mormorar tutti i tuoi popoli e specialmente i tuoi soldati, veggendo che sono giá tre anni che tu, siami lecito per la salute tua cosí dire, ti perdi dietro a una femina e piú non attendi né al governo del tuo imperio né a le cose militari. Non sai, signore, se tu lasci che la tua milizia divenga neghitosa e tanto ne l’ozio si effemini e perda il solito valore, che tu perdi lo stabilimento del tuo imperio? Ove è ita quella tua grandezza d’animo che