e che rimedio non v’era a poterla ricuperare, spogliatosi le vesti che sopra l’arme aveva, che imperadore il dimostravano, animosamente in mezzo de’ turchi si mise, e combattendo animosamente da gagliardo e viril saldato molti ne ammazzò. A la fine, senza mai voltar le spalle, in mezzo ai nemici, avendo per le molte ferite perduto il sangue, cadde in terra morto. Avuta adunque cosí gran vittoria, Maometto, che di natura era crudelissimo ordinò che Calibasso, che gli era dal padre stato ordinato governatore, fosse ammazzato, perciò che aveva ne la rovina di Costantinopoli vietate molte crudeltá. E cosí il buon Calibasso fu crudelissimamente con vari tormenti morto. Ora rivedendosi la preda che in cosí ricca cittá s’era fatta, vi si ritrovò una bellissima giovane greca chiamata Irenea, d’etá di sedeci in dicesette anni, la quale fu giudicata per la piú bella giovane che mai si fosse veduta. Onde volendo quelli a cui in sorte era toccata gratificare il loro imperadore, quella a Maometto donarono. Era Maometto assai giovine ed inclinatissimo a la libidine, come per lo piú son tutti i turchi, e veggendo sí bella giovanetta e senza fine sendogli piacciuta, comandò che gli fosse serbata facendo pensiero di darsi seco il meglior tempo del mondo. Io non oso dire che egli mai l’amasse, perciò che se amata l’avesse da l’amore non sarebbe riuscito cosí vituperoso fine come ne uscí. Cominciò adunque Maometto a praticar con Irenea e di lei prendersi tutti quei piaceri che da una donna possa un uomo pigliare, e tanto di lei s’invaghì e sí gli piaceva la pratica, che giorno e notte mai da lei non si partiva, parendo che senza la vista di lei non potesse né sapesse vivere. E si andò questa bisogna, che circa tre anni continovamente praticò con lei, non si curando di cosa alcuna che appartenesse al governo de lo stato, lasciando la cura del tutto ai suoi basciá. Onde avvenne che, parendo a molti che le cose de la giustizia si governassero male e che i basciá a modo loro governando attendessero solamente a l’util particolare, nacque ne la corte ed anco nel popolo un gran romore. Medesimamente i giannizzeri e tutte l’altre sorti d’uomini deputati a la guerra cominciarono stranamente a mormorare, parendo