futuro male e danno che assai sovente dapoi ne segue, fu detto che cotesta ragione era frivola e di pochissimo momento; perciò che parimente gli uomini, che noi ci sforziamo di voler far di maggior capacitá, cascano nei medesimi errori, perciò che veggendo tutto il dí impiccar quelli e squartar questi ed abbruciar quegli altri, offoscati anco essi dal mal regolato appetito, non cessano di commetter furti, latrocini, rapine, omicidi, adultèri, e mille altre sceleratezze. Il che ordinariamente de le donne non avviene, le quali, se peccano, errano il piú de le volte per esser troppo amorevoli e credule a le false lusinghe degli uomini che ogni dí, anzi ogni ora, dicasi pure il vero, cercano d’ingannarne qualcuna, parendo a molti di trionfare e d’aver cacciato il Turco d’Europa quando una semplice donna hanno beffata. Ora, non essendo donna nessuna presente ai nostri ragionamenti che la ragione del lor sesso diffendesse, e tutti noi essendo naturalmente inclinati a dar loro a dosso, non ritrovando altro, volemmo pur gettare la colpa dei loro errori nel lor poco cervello. Ma se il mondo si cangiasse e che le donne potessero aver una volta la bacchetta in mano e attendere agli studi cosí de l’arme come de le lettere, nei quali senza dubio molte di loro si farebbero eccellentissime, guai a noi. Io penso bene che ci renderebbero mille per uno e piú, e che ci farebbero star tutto il dí con la conocchia a lato e col naspo e l’arcolaio, e ne cacciarebbero come guattari in cucina, e saremmo forse ben pagati, poi che noi molte volte fuor di ragione e oltre ogni convenevolezza facciamo loro tanti torti e le trattiamo molto domesticamente. Ma io non vo’ dar contra gli uomini e far come i cacatocci di Milano, che danno contra gli amici per parer savi, ché dicendo male de gli uomini direi mal di me stesso. Non voglio ancora armarmi di quella volgatissima autoritá: «amico Socrate, amico mi è Platone, ma piú assai amica mi è la veritá». Medesimamente io non vo’ dir male de le donne né biasimarle, essendo io d’una donna nato e amandole come faccio e cercandole sempre d’onorare e riverire in ogni cosa che per me si puote, come molte di loro infinitamente meritano, ma ben piú l’una che l’altra, de le quali io non vo’ per ora far il