al suo conseglio, ed approvando ciascuno l’animo del re, egli, fatto a sé chiamar Baldoino, gli disse: — Amico mio, quanto mi sia rincresciuta la morte di tuo padre, né io dire, né tu facilmente creder il poteresti. Io mi truovo non solamente aver perduto un fedelissimo servidore, che tuttavia suol essere dannoso e grave, ma anco ho perduto un governator de la Fiandra, che è di quell’importanza che si sa. Tuo padre l’ha di modo governata e sí fattamente s’è con i fiamenghi diportato, che par a loro non un giudice e governatore esser lor morto, ma un pietoso e caro padre. Onde al mio conseglio e a me pare di darti questo carico di forestario, parendoci che in beneficio de la corona ed a conservazion di quei popoli saperai imitar tuo padre ed onoratamente governarti, di modo che tutti i fiamenghi ed io restaremo molto ben di te contenti. Ed in questa maniera la morte di esso tuo padre meno deve dolerti, succedendo a lui ne la degnitá ed ufficio che aveva, e a me altresí tanto non rincrescerá, parendomi non essermi mancato Adacquero, ma averne un altro forse meglior trovato. Medesimamente quei popoli resteranno sodisfatti, parendo loro mentre tu gli governarai che tuo padre cotanto da loro amato gli governi. Sí che ti metterai ad ordine a ciò che tu possa quando te lo imporrò andarvi. E circa al governo non m’occorre altro che dirti, se non che tu segua le pedate e i modi di tuo padre, ché cosí facendo sarai ottimo e giusto governatore. — Era Baldoino di natura sua forte liberale e aveva speso molto largamente in livree e foggie amorose, vestendo i servidori suoi dei colori che la bella Giudit dati gli aveva. Onde il re ordinò con un dei suoi tesorieri che desse a Baldoino dieci mila franchi, per potersi meglio metter in ordine. Egli quanto seppe e puoté piú accomodatamente ringraziò il re de la buona openione che di lui teneva e de la cortese dimostrazione che verso lui faceva, e con ogni debita riverenza caldamente lo pregò che, s’esser poteva, tale e tanta impresa a piú esperimentato personaggio gli piacesse commettere, allegando che egli era molto giovine e mal pratico in cotal governo, scusandosi anco di non voler pigliar i danari, ma che sua maestá in altri affari se ne prevalesse. Il re, non accettando