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gentiluomini ed ufficiali d’esso duca, e un’altra volta fuggi via di Parigi e cominciò a mettersi contra la corona di Francia. Il re, turbato che il popolo di Parigi avesse tumultuato, ne fece decapitar molti; onde essendo i parigini ■ molto facili a le mutuazioni si sollevarono un’altra volta, ed il borgognone col mezzo di Giovanni Villiars che era signore de l’ Isola di Adam pigliò Parigi, e vi morirono piú di tre mila uomini, tutti gli ufficiali del re ed altri, con il conte di Armignac contestabile di Francia, Enrico di Marli cancegliero del regno, il conte di Gran Prato ed altri signori. Il re in quei di era gravemente infermo nel castello del Lovore, il quale con la reina rimase in poter de’ borgognoni; e se messer Tanegiu di Castello, cavaliero ardito e prudente e creato del duca Luigi d’Orliens morto, non conduceva per la porta de la bastia a Miluno il delfino, egli era o prigione o morto. Fecero adunque i borgognoni di gran danni ed altrettanto ne fece Enrico re d’ Inghilterra, il quale cercava con tutti i modi unirsi col duca Giovanni. Ma trattandosi l’accordo tra il delfino, che si scriveva «governator di Francia» ed al quale molti baroni s’erano uniti, ed il borgognone, si elesse una domenica, nel qual di sul ponte di Monasteruolo Faultrione, ove era fatto un tabernacolo, il delfino con il duca Giovanni con dieci cavalieri per ciascuno parleria e si conchiuderia l’accordo. Entrò il determinato giorno dentro il tabernacolo, o sia padiglione che su il ponte era tirato, il delfino con i suoi dieci cavalieri, e da l’altra parte v’entrò il duca con i suoi. Quivi dopo Paccoglienze fatte si cominciò a contrattar de le cose de la pace. Il borgognone che si vedeva esser su l’avvantaggio avendo ne le mani Parigi con il re e la reina, usò di molte parole arroganti e superbe, a le quali monsignor delfino rispose con molta umanitá e prudenza. E perseverando pure il duca in parlar molto superbo e non tenendo conto de la persona del delfino, anzi piú tosto villaneggiandolo, messer Tanegiú di Castello che era uno dei dieci cavalieri del delfino, non potendo sofferire la superbia del borgognone e bramoso di vendicar il suo duca Luigi, alzò una azza che aveva in mano e quanto piú gagliardamente puoté diede una gran percossa