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di lei commosso, a gran pena puoté ritener le lagrime onde con pietosa voce le disse: — Vedi, figliuola mia, egli non bisogna parlar di morire, perché io t’assicuro che se una volta morrai, che di qua non tornerai piú se non il giorno de l’universal giudizio, quando insieme con tutti i morti saremo suscitati. Io vo’ che tu pensi a vivere fin che a Dio piacerá. Egli ci ha data la vita, egli la ci conserva: egli quando gli piace a sé la ritoglia. Si che caccia da te questo melanconico pensiero. Tu sei giovane e adesso ti deve giovar di vivere e di goder il tuo Romeo. Noi trovaremo rimedio a tutto, non dubitare. Come tu vedi, io sono in questa magnifica cittá generalmente appo tutti in grandissimo credito e buona riputazione. Se si sapesse eh’ io fossi stato consapevole del tuo matrimonio, e danno e vergogna infinita ne riporterei. Ma che saria se io ti dessi veleno ? Io non n’ ho, e quando ben n’avessi non te ne darei, si perché l’offesa di Dio sarebbe mortalissima e si anco ché io in tutto perderei il credito. Tu puoi ben intendere che per l’ordinario poche cose d’ importanza si fanno che io con la mia autoritá non ci intravenga; e non sono ancor quindeci giorni che il signor de la cittá m’adoperò in un maneggio di grandissimo momento. Perciò, figliuola, io volentieri per te e per Romeo m’affaticherò, e a tuo scampo farò di modo che resterai di Romeo e non di questo Lodrone, né ti converrá morire. Ma bisogna far di modo che la cosa non si risappia giá mai. A te mò conviene esser sicura ed animosa, che ti deliberi di far quanto t’ordinerò, che sará senza farti un minimo nocumento in alcun conto che si sia ; ed odi in che modo. — Quivi il frate puntalmente manifestò a la giovane la sua polvere e le disse la vertu che aveva e che piú volte l’aveva esperimentata e sempre trovatala perfetta. — Figliuola mia — diceva messer lo frate, — questa mia polvere è tanto preziosa e di si gran valore che senza nocumento ti fará dormire quanto t’ ho detto, ed in quel mezzo che tu quietissimamente riposerai, se Galeno, Ippocrate, Messue, Avicenna e tutta la scola dei piú eccellenti medici che sono o furono giá mai, ti vedessero e ti toccassero il polso, tutti ad una voce morta ti giudicheriano. E come tu l’averai digerita, da quell’artificiato dormire cosi sana e bella ti desterai come suoli