Pagina:Bandello - Le Novelle, vol. 2, 1928 - BEIC 1972415.djvu/188

e toccati quei tasti che si deveno, e m’ hai fatto un grandissimo piacere. Costoro altro non sanno dir giá mai, e mille volte il giorno lo replicano, che viveno in fuoco, che ardeno, che abrusciano, che sono d’ardentissime fiamme cinti e che consumano e si sfanno come cera al fuoco o come ghiaccio al sole. E su queste lor pappolate fanno una lunghissima intemerata e vorrebbero pure che da le donne si prestasse lor fede. Né ti pensar che leggermente queste lor menzogne affermino o che per burla le dicano in atto di ridere. Eglino con santissimi giuramenti e gravissime imprecazioni si sforzano fare del bianco nero e del nero bianco. Ma io per me mai non ne vidi alcuno, e cosi porto ferma openione che nessuna giá mai vedesse questi cosi accesi ed infiammati uomini, ché tali esser tenuti vogliono, ardere, gettar né fiamme né faville e meno divenir carboni o cenere, se forse non sono di quelli che arsi dal divino, spaventevole e tremendo fuoco del barone messer sant’Antonio si veggiono miracolosamente fumando a poco a poco consumarsi. Cicalino pure, sospirino, dicano, piangano, si lamentino e facciano ciò che vogliano, che io non crederei loro col pegno in mano, perciò che sempre hanno un sacco pieno di frivole escusazioni. — L’amante udendo questo, arditamente e con lieto viso a la sua donna rivoltato disse : — Madonna, io son pure troppo chiaro che di me nulla vi cale, perché al mio grandissimo incendio non vi piace aprir gli occhi; ché forse quando la minima scintilla de le mie ardentissime fiamme vi fosse nota, io sperarei trovar da voi se non mercede, pietade almeno e compassione, ove ora altro che crudeltá e strazio in voi non ritrovo. Io ardo per voi, io mi struggo e sensibilmente mi consumo; e il fuoco del vostro amore ove mi abbruscio è fatto si penace, si grande e tale che tutta l’acqua de l’Adige che sotto questo ponte corre noi potrebbe scemare non che ammorzare. — Provate — rispose la fiera donna — a saltar nel fiume e forse vi trovarete piu freddo che ghiaccio. — Era circa la fine del mese d’ottobre che giá hanno i freddi cominciato a pigliar forza, e alora perché la tramontana soffiava, il freddo era grande. Come l’amante udí la sua crudel donna dire che si gettasse ne Tacque, tratto da giovinile e mal pensato pen-