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c. ballatore | 9 |
diamo completamente la superficie dei corpi; ma solo col tatto e coll’esperienza siamo posti in grado di percepire in parte il volume, mentre in parte lo si intuisce, lo si pensa; che se effettivamente fossimo padroni dello spazio tridimensionale, si dovrebbe pur vedere nell’interno di una figura di volume alla stessa guisa che ci è possibile scorgere l’esterno e l’interno di una figura a due dimensioni. Adunque nel mondo sul piano una linea tracciata sul medesimo, è una barriera per i suoi abitanti, che devono girarne i fianchi per oltrepassarla; epperò una figura poligonale qualsiasi è per essi quale sarebbe per noi un recinto chiuso da ogni parte, dentro il quale non si può nè vedere, nè penetrare, a meno che non vi si pratichi un passaggio. Insomma il raggio visuale dell’abitante in seconda dimensione striscia, per così dire, su di una superficie, e si arresta contro le linee, come avviene disegnando su di un foglio di carta; quindi un tale essere non può vedere la superficie del proprio corpo altro che nella sua linea di confine, come noi non possiamo vedere il nostro che alla superficie. Si conclude: che ad avere il pieno possesso dell’ambiente di una dimensione qualsiasi, è d’uopo potersi trasportare nell’ambiente della dimensione superiore.
Sono pertanto molte le sorprese che noi potremmo fare a questi fratelli minori ed io ne immagino qualcuna, perchè valga a ben aprire la mente e scolpirvi le analogie dalle quali saremo guidati ad intuire una quarta dimensione e conseguentemente un quarto spazio ed in generale l’iperspazio.
Supponiamo adunque che gli esseri a due dimensioni facciano sedute spiritiche, o psichiche o medianiche come vogliasi dire. Noi, senza punto essere veduti, potremo sorvegliarne tutti i preparativi e l’andamento ed a tempo opportuno picchiare sul loro tavolino d’ombra, ovvero su di un punto qualsiasi della superficie alla quale tutto aderisce. Per un istante assai fugace si vedrà la proiezione della nostra mano o dell’oggetto adoperato per picchiare; ma potremo pure tare degli apporti; cioè posare sulla detta superficie un oggetto qualsiasi di cui essi naturalmente vedrebbero soltanto il contorno combaciante col piano; il medesimo oggetto potremo far sparire col solo elevarlo ad altezza minima senza che la nostra manovra fosse scoperta; infine sarebbe cosa facile apparire ad essi come fantasmi proiettando