all’orbe. Ma
quest’era appunto il gran vizio di esso; era immane e disseminato,
forse oltre alla potenza governativa di qualsiasi governo, certo oltre
a quella di que’ principi oziosi, e di que’ lor ministri e cortigiani
depredatori. E giá s’era venuto sfasciando, scemando quell’imperio per
ribellioni numerose: quella de’ mori di Granata, che, vinti e cacciati
in Africa, lasciarono scemata la popolazione spagnuola; quella de’
Paesi bassi, staccatisi ed ordinatisi in bella e durevole repubblica;
quella di Portogallo, rivendicatosi in regno indipendente; quella di
Catalogna, erettasi essa pure a repubblica, quantunque per poco. Ultimi
a seguir tali esempi furono i pazientissimi italiani; anzi ultimi e
minimi, senza disegno, senza vigoria, senza prudenza, senza costanza,
senza pro. Una carestia ne fu causa od occasione in Sicilia. Sollevossi
la infima plebaglia contro al pretor di Palermo, che aveva scemate le
pagnotte; poi contro a Los Velez viceré. Un Nino della Pelosa fu primo
capopopolo; vollero accostarsi a’ nobili, e far re un de’ Geraci che
avean nome di esser sangue dei re Normanni. Ma né questi volle, né gli
altri nobili si scostarono da Spagna, né il popolo perdurò; e Nino
con tre altri furono strozzati, quaranta mandati alle galere. Poi,
una rissa tra alcuni servitori d’un nobile e alcuni plebei risuscitò
il chiasso. Giuseppe d’Alessio, battiloro, ne rimase capo, fu gridato
capitano generale del popolo, sindaco perpetuo di Palermo. Los Velez
s’imbarcò, ed Alessio fece da viceré, governò assoluto e pomposo. Altre
cittá si sollevarono. L’Alessio perdé il cervello, richiamò il viceré;
ed unitisi, viceré, nobili ed ecclesiastici insieme, e stancandosi, al
solito, il popolo, fu preso e decapitato, l’Alessio con una dozzina
d’altri o piú, e tutto tornò come prima. — Né diversamente in Napoli,
quantunque ivi fosse l’estremo della tirannia spagnuola. Narra il
Botta che piú di cento milioni di scudi, cioè un cinquecentocinquanta
milioni di franchi, i quali al ragguaglio del valore attuale de’
metalli sarebbono un miliardo e piú, furono tratti dal Regno in tredici
anni [1631-1644] da due viceré; e che molte famiglie di Puglia e
Calabria migrarono a’ turchi; e che un viceré si vantò di lasciar il
Regno ridotto a tale, che quattro famiglie non vi rimanevano ove si