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48 | libro settimo |
all’incontro, dicesi sia stato artista vero ed
ispirato il Palestrina [1529-1594]. Dico che si dice, perciocché né io
né credo i piú degli italiani udimmo le melodie di lui; e noi abbiamo
a invidiar agli stranieri l’uso di far sentire le musiche antiche. E
dal Palestrina in poi rimase il primato dell’arte agl’italiani. Né
è meraviglia; il sommo di quest’arte sta certamente nella melodia e
nell’espressione, o piuttosto nella combinazione delle due, nel trovar
melodie espressive; e il modello, il germe delle due non si trova guari
in nessuna delle lingue settentrionali, né nel modo di parlarle né
nelle inflessioni con cui si parlano; le quali sono od antimusicali del
tutto, o molto men musicali che le italiane, e massime che le italiane
meridionali. Ad ogni modo, lasciando i progressi tecnici fatti intorno
alla metá del secolo decimosesto, noterem solamente, che di quel tempo
sono i primi oratorii, inventati, dicesi, per quella congregazione di
san Filippo Neri [1515-1596] da cui presero il nome. E di quel tempo
pare la prima opera in musica, l’Orbecche di Cinzio Giraldi, stampata
in Ferrara 1541. Insomma, tutte le invenzioni, quasi tutti i grandi
progressi e i grandi stili e il sommo di quest’arte celestiale, sono
italiani. Picciol vanto, ripetiamolo, questo primato nostro quando
riman solo; ma bello e caratteristico esso pure, quando si trova nel
secolo decimosesto congiunto con tutti gli altri di tutte le arti
e tutte le lettere; quando concorre a dimostrar la fratellanza di
tutte le colture, gli aiuti, le spinte ch’elle soglion ricevere l’une
dall’altre a vicenda.
12. Il secondo periodo della presente etá in generale; rassegna degli Stati [1559-1700]. — Se è felicitá al popolo la pace senza operositá; ai nobili il grado senza potenza; ai principi la potenza indisturbata addentro, ma senza vera indipendenza, senza piena sovranitá; ai letterati ed agli artisti lo scrivere, dipingere, scolpire od architettare molto e con lode de’ contemporanei, ma con derisione de’ posteri; a tutta una nazione l’ozio senza dignitá, ed il corrompersi tranquillamente; niun tempo fu mai cosí felice all’Italia come i centoquarant’anni che corsero dalla pace di Cateau-Cambrésis alla guerra della successione di Spagna. Cessarono le invasioni, lo straniero signoreggiante ci parava dagli avventizi.