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delle preponderanze straniere |
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ed occupato, parte da’ francesi, parte dagl’imperiali,
il misero Piemonte: misero, ma tra quegli strazi, temperantesi fin
d’allora all’armi, ad ogni fortezza. — Nuova mutazione succedeva
intanto nella tiranneggiata Firenze. Alessandro, duca, non avea piú
a protettore lo zio papa, ma lo suocero imperatore, e s’infangava
in persecuzioni e libidini. I fuorusciti moltiplicati ricorsero
all’imperatore a Napoli; il Nardi storico liberale orò lor bella causa;
il Guicciardini, quella brutta del tiranno [1536]. Il quale n’ebbe,
somma e non insueta fra le vergogne italiane, quella d’essere ammonito
a moderazione dagli stranieri. Ma (anche in ciò non insueto) l’ammonito
continuò. Tuttociò fini per una di quelle scelleratezze miste di
barbarie e letteratura, che eran del tempo. Compagno, anzi mezzano del
tiranno a sue sfrenatezze, era un cugino di lui, discendente da Lorenzo
fratello di Cosimo padre della patria, detto pur Lorenzo o Lorenzino
o Lorenzaccio, ed anche il «filosofo», perché pizzicava del letterato
e del miscredente. Costui trasse il duca in sua casa, in sua camera,
dove promise condurgli una bella e virtuosa gentildonna; ed assistito
da Scoronconcolo, un bravo, ivi lo pugnalò e scannò [6 gennaio 1537].
Poi lasciando il cadavere nel letto con una polizza d’una citazione
latina sul capo («Vincit amor patriae laudumque immensa cupido»),
fuggí spaventato, come giá l’uccisor di Giuliano, a Bologna e Venezia.
Questo pretendere alti fini a bassissimi misfatti è cosa volgare. Più
rara (ma pur veduta in novembre 1848) ottenerne le lodi pretese; e
toccò tal sorte a Lorenzino. Fu lodato in versi e in prosa, paragonato
a Bruto; non mai furono sconvolte tutte le idee morali e politiche come
in quel secolo. Quanto poi a restaurar la repubblica, quasi non se ne
parlò; e tre dí appresso fu fatto capo e principe Cosimo de’ Medici,
un altro discendente di quel medesimo fratello di Cosimo, un figlio
di Giovanni dalle bande nere, un giovane di diciannove anni, quasi
un Cesare Augusto in piccolo; il quale fatto duca dall’imperatore,
e piú tardi granduca dal papa [1569], fu stipite di que’ secondi e
minori Medici, che signoreggiaron Toscana due secoli giusti or con
mediocritá ed or peggio. — E in questo medesimo anno 1537 incominciò