il re domandò un armistizio e ritirarsi dietro
Oglio; gli fu imposto dietro Adda, lasciando ducati e Peschiera;
ricusò, error gravissimo. — Allora s’incominciò la ritirata disordinata,
fuga. Allora tornarono in mente a que’ soldati ed ufficiali non
solamente, come fu detto, il paese e la dolce famiglia giá abbandonata
ed ora pericolante, ma le ingiurie, i rimproveri, le stoltezze gettate
loro in faccia da tutta Italia e da casa stessa mentre combattevano e
vincevano; questo pensiero, che avrebbe pervertito forse a vendette un
vecchio e vittorioso esercito, pervertí a indisciplina il nuovo e vinto
piemontese. Ad ogni modo, si corse ad Oglio, e si lasciò dopo poco
combattere Cremona; si corse ad Adda, e si lasciò senza combattere. Il
re poteva passare il Po a Piacenza; coprirsi di quel fiume e questa
cittá, e quindi al bisogno ricoverarsi a quella linea d’Alessandria
e Genova che è la nota e sola buona difensiva del Piemonte, ma
veniva chiamato dalle grida, dalle supplicazioni de’ milanesi.
Cedette a questi, e parve nuovo e grave errore militare. Ma ogni
guerra, e questa piú d’ogni altra, dovea cedere pure alle condizioni,
ai sentimenti politici; e fu bello al re cedere al sentimento di
difendere fino all’ultimo gli alleati, ingenerosi per certo, ma per
cui s’era, in somma, incominciata e fatta tutta quella guerra. Addí
3 agosto, veniva il re da Lodi a Milano con venticinquemila uomini
al piú, e li collocava fuor delle mura meridionali. Addí 4, v’arriva
Radetzki all’incontro con trentacinquemila, cresciuti in breve a
quarantamila e piú. La battaglia s’attaccò subito. Tranne pochissimi,
i milanesi non fecer nulla; e i piemontesi, piú sdegnati che mai, non
combattendo piú che per l’onor dell’armi; e combatterono bene alcune
ore, e si ritrasser poi dietro le mura. A notte, il re domandò una
capitolazione, Radetzki la concedé; ritirata de’ piemontesi dietro
al Ticino, due giorni dati a’ milanesi che volesser seguirli. Ma
alla mattina incominciò la prima di quelle tre giornate di sacrilega
ingratitudine onde s’infama la storia della nostra impresa di
libertá e d’indipendenza, quelle tre giornate che per opera di pochi
scellerati hanno sporcato i nomi di tre nobili cittá italiane. Né
sará degna l’Italia mai di rinnovare con