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appendice 223

il re domandò un armistizio e ritirarsi dietro Oglio; gli fu imposto dietro Adda, lasciando ducati e Peschiera; ricusò, error gravissimo. — Allora s’incominciò la ritirata disordinata, fuga. Allora tornarono in mente a que’ soldati ed ufficiali non solamente, come fu detto, il paese e la dolce famiglia giá abbandonata ed ora pericolante, ma le ingiurie, i rimproveri, le stoltezze gettate loro in faccia da tutta Italia e da casa stessa mentre combattevano e vincevano; questo pensiero, che avrebbe pervertito forse a vendette un vecchio e vittorioso esercito, pervertí a indisciplina il nuovo e vinto piemontese. Ad ogni modo, si corse ad Oglio, e si lasciò dopo poco combattere Cremona; si corse ad Adda, e si lasciò senza combattere. Il re poteva passare il Po a Piacenza; coprirsi di quel fiume e questa cittá, e quindi al bisogno ricoverarsi a quella linea d’Alessandria e Genova che è la nota e sola buona difensiva del Piemonte, ma veniva chiamato dalle grida, dalle supplicazioni de’ milanesi. Cedette a questi, e parve nuovo e grave errore militare. Ma ogni guerra, e questa piú d’ogni altra, dovea cedere pure alle condizioni, ai sentimenti politici; e fu bello al re cedere al sentimento di difendere fino all’ultimo gli alleati, ingenerosi per certo, ma per cui s’era, in somma, incominciata e fatta tutta quella guerra. Addí 3 agosto, veniva il re da Lodi a Milano con venticinquemila uomini al piú, e li collocava fuor delle mura meridionali. Addí 4, v’arriva Radetzki all’incontro con trentacinquemila, cresciuti in breve a quarantamila e piú. La battaglia s’attaccò subito. Tranne pochissimi, i milanesi non fecer nulla; e i piemontesi, piú sdegnati che mai, non combattendo piú che per l’onor dell’armi; e combatterono bene alcune ore, e si ritrasser poi dietro le mura. A notte, il re domandò una capitolazione, Radetzki la concedé; ritirata de’ piemontesi dietro al Ticino, due giorni dati a’ milanesi che volesser seguirli. Ma alla mattina incominciò la prima di quelle tre giornate di sacrilega ingratitudine onde s’infama la storia della nostra impresa di libertá e d’indipendenza, quelle tre giornate che per opera di pochi scellerati hanno sporcato i nomi di tre nobili cittá italiane. Né sará degna l’Italia mai di rinnovare con