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182 libro settimo

Questa è la questione, e tutta la questione d’oggidí. Non pochi eventi sopravvenner giá nei trentadue anni corsi, che avrebbon potuto esser utili, che furono inutili a noi disgiunti e disapparecchiati. Altri ne sorgeranno indubitatamente prima che si compia questo operosissimo fra’ secoli cristiani. L’Europa è ordinata, è vero, ad occidente; ma è ella ad oriente? Non s’ordinerá ella pure lá in qualche modo? cadendo turchi, o sorgendo slavi, o sfasciandosi questo o quell’imperio? ché poco importa, insomma, se sappiamo apparecchiarci, cioè se sappiamo unirci. — E finalmente, se qui pure ci rivolgiamo dai fatti agli scritti, alle colture, di queste pure noi osserveremo due tempi molto diversi negli ultimi trentadue anni. Un primo di compressione, maggiore forse che non sia stata mai, per parte de’ governi; e quindi un tempo di nullitá quasi universale negli scrittori, salvo pochi che scrissero allora con incomparabile, due con immortal mestizia. Ed un periodo secondo, in che dai nostri compatrioti fuor d’Italia ci vennero dapprima parole esagerate e furenti, ma a poco a poco parole forti di moderazione e sapienza; e in che poi i nostri principi incominciarono a tollerar piú o meno che cosí pur si tentasse scrivere dentro Italia. — Sappiamo riconoscere il bene anche troppo lento, se vogliamo accelerarlo; sappiamo benedirne chi ce ne dá, se vogliamo averne piú; sappiamo ringraziarne Dio, di cui non parmi invocar invano il nome qui; sappiamo, come italiani e come cristiani, pregar Lui che ha in mano gli animi italiani di unirli ad acquistare i destini ch’Ei ci apparecchia; e sappiamo, come giá i maggiori nostri di Legnano, risollevarci dopo la preghiera, ad operar per la patria fino alla morte, ciascuno secondo tutte le proprie facoltá. Che se fu in niun secolo mai, certo è evidente nel nostro, Dio suol proteggere coloro che operano così.