Ad ogni modo fu
cessazione dell’operositá guerriera di Piemonte. L’esercito tenuto
in piè, riordinato, esercitato non vi supplí. Né vi supplirono le
operositá di pace, le riforme, i progressi civili fatti qui, del resto,
anche meno arditamente che non altrove. Furono in tutto progressi di
principato assoluto e non piú; riforme ecclesiastiche piú moderate che
altrove; riforme feodali contro a’ signori; uniformitá, centralitá di
governo; giustizia retta e severa; severo reggimento delle finanze; e
per la prima volta da molto tempo, severi costumi, severa corte. Fu,
in tutto, regno piú buono che grande, ed uno buono dopo uno grande
è forse giá decadenza. La Sardegna, rozza ancora, quasi barbara, fu
quella che si fece progredir piú, per portarla a quel segno delle altre
province che si voleva arrivare, non oltrepassare. Lá furono fondate
[1764, 1765] le universitá di Cagliari e Sassari. Ma in Piemonte
bastò il mantenere, non si vollero forse avanzare gli studi. Ad ogni
modo, avanzarono da sé; era giunto il tempo che Piemonte entrasse
nelle colture italiane, e v’entrò splendidamente, come vedremo. Fu
grave macchia di questo regno, Giannone esule da Napoli a Ginevra, e
di lá venuto a Savoia per far sua pasqua, e cosí arrestato e tenuto
poi prigione nella cittadella di Torino, dove morí il 7 marzo 1748.
Tutto ciò per mal compiacere a Roma, a danno altrui, dopo averle
dispiaciuto a profitto proprio. Morí Carlo Emmanuele III ai 20 febbraio
1773. Succedettegli suo figlio Vittorio Amedeo III, minore di lui. E
fu servito da uomini pur minori; sia perché ogni principe li cerca
pari a sé, sia perché gli uomini eran cresciuti dammeno in tempi piú
facili. Amò, curò, esercitò molto, anzi esageratamente, la milizia; e
per avere, nella pace non interrotta, un grosso ed allestito esercito,
scompose le finanze assestate dal padre, e gravolle di grossi debiti,
cattivo apparecchio alle guerre future. Istituí l’Accademia di Torino;
amò piú che il padre le lettere e i letterati, e volle proteggerli;
ma non dando loro libertá eguale a quella che giá cresceva per essi
altrove, fu vergogna del regno suo, che i maggiori uomini di esso,
Lagrangia, Alfieri, Denina, Bodoni ed altri, si facessero illustri o grandi,