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delle preponderanze straniere |
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simili faccende da frati e sacrestie. Né
rimarrá nome di «liberalitá» o «progressi», nemmeno a quelle paure,
che fanno anch’oggi escludere i gesuiti soli dal diritto comune
di tolleranza e di libertá. Ad ogni modo, le cacciate dei gesuiti
occuparono tutto il pontificato di Clemente XIII; ondeché io non mi
so meravigliare, se mai in alcuni particolari, che non abbiam luogo a
cercar qui, egli oltrepassò i termini di una giusta resistenza. — Morto
esso quindi nel 1769, gli succedé Clemente XIV [Ganganelli, 18 maggio].
Il quale, pressato dalle quattro corti borboniche, come giá era stato
il predecessore, di abolire del tutto, dappertutto, l’abborrita
societá, resistette, indugiò d’anno in anno. Ma non fu aiutato in
tal resistenza dalla societá stessa, nella quale si pronunziò, si
pose allora quella massima fatale «Sint ut sunt aut non sint»,
quella massima forse irreligiosamente superba e non ignaziana, e
certo impolitica; irreligiosamente superba, perché la societá sola
della Chiesa divinamente istituita è immutabile quaggiú, e mutabili,
riformabili sono le societá istituite nella Chiesa, e cosí gli ordini
religiosi che tutti si riformarono, salvo questo; massima poi non
ignaziana, perché sant’Ignazio coordinò appunto meravigliosamente
la societá al secolo suo, ond’è a credere la coordinerebbe ora e
si sdegnerebbe di non vederla coordinata ai secoli nostri; massima
impolitica finalmente, perché i tempi son sempre potentissimi a
respingere tutto ciò che non si coordina ad essi. Ad ogni modo, dopo
quattr’anni di peritanze, Clemente XIV diede il breve di abolizione
[21 luglio 1773]. Tale poi era l’andazzo assoluto, tirannico di quel
secolo, di quel fatto, che Clemente XIV, il quale lo compiè dubitando
ed invito, lo compiè pure tirannicamente e incarcerando il generale ed
altri de’ padri. Ma se ne addolorò, ma languí, e in breve morí [1774],
e fu detto di veleno. Portato a cielo dagli uni, esecrato oltre a ciò
che par conceduto dalla caritá e dal rispetto cristiano dagli altri, fu
in effetto dottissimo, pio, virtuoso, sincero pontefice. — Succedette
Pio VI [Braschi, 1774], e libero esso della preoccupazione de’ gesuiti,
attese al miglioramento dello Stato. Ma, e per quell’indugio, e per
la duplice natura di quel governo spirituale, ed in ciò immutevole,