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smo ottenebrano il suo spirito. Essa non vede nulla, non capisce nulla, e schiacciata da una parte della grande borghesia, e dall’altra da quel proletariato che essa disprezza e detesta tanto quanto teme, essa si lascia trascinare nel precipizio.

Le conseguenze di questa concorrenza borghese sono disastrose per il proletariato. Forzati a vendere i loro prodotti — meglio i prodotti degli operai che essi sfruttano — al più basso prezzo possibile, i fabbricanti devono per necessità pagare agli operai i più bassi salari possibili. Ne consegue che essi non possono più pagare l’abilità, il genio dei loro operai. Essi devono cercare invece quel lavoro che si vende ed è obbligato a vendersi al prezzo più basso. Ora, poiché sono le donne ed i fanciulli che si contentano di un salario minore, ecco che di preferenza agli uomini essi impiegano donne e fanciulli; e preferiscono i lavoratori mediocri ai lavoratori abili, a meno che questi non si accontentino del salario che viene corrisposto agli operai meno abili, alle donne ed ai fanciulli. E’ stato provato e riconosciuto da tutti gli economisti borghesi, che la misura del salario dell’operaio è sempre determinato dal costo del suo mantenimento giornaliero: così se un operaio potesse trovare alloggio, nutrirsi e vestirsi con una lira al giorno, il suo salario scenderebbe subito a una lira. E ciò per una ragione molto semplice: è che gli operai, spinti della fame, sono obbligati a farsi concorrenza tra loro e che il fabbricante, impaziente di arricchire più presto sfruttando il loro lavoro, ed obbligato a sua volta dalla concorrenza borghese, a vendere i suoi prodotti al più basso prezzo possibile, preferirà naturalmente prendere gli operai che gli daranno il maggior numero di ore di lavoro per il salario minore.

Non è soltanto logica deduzione, ma è un fatto che avviene ogni giorno in Inghilterra, in Francia, nel Belgio, in Germania e in quelle località della Svizzera nelle quali