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guito di eroici tentativi e di avventure straordinarie vi riesce mentre tutti gli altri periscono. Eccolo l’eroe: è l’individualismo puro.

Passiamo alla politica. Come vi si manifesta questo principio? Si dice che le masse hanno bisogno di essere condotte per mano, governate; che esse sono incapaci di fare senza un governo, che esse non sono capaci di governarsi da sole. Chi le governerà? Non vi debbono più essere privilegi di classe. Tutti hanno il diritto di giungere alle più alte cariche sociali. Solo per arrivarvi, occorre essere intelligenti ed abili; bisogna essere forti e fortunati; infine bisogna sapere e poter riuscire a dispetto di tutti i rivali. Ecco un’altra gara di corse: saranno gli individui abili e forti che governeranno le masse.

Ed ora consideriamo lo stesso principio nella questione economica, che è infine quella che maggiormente importa. Ci dicono gli economisti borghesi che essi sono partigiani di una libertà senza limiti per gli individui, e che la concorrenza è la condizione necessaria di questa libertà. Vediamo come è questa libertà. E innanzi tutto una prima domanda: E’ il lavoro separato, isolato, quello che ha prodotto e che continua a produrre tutte le meravigliose ricchezze delle quali si gloria il secolo nostro? Noi sappiamo che non è così. Il lavoro isolato degli individui sarebbe a malapena sufficiente a nutrire e vestire un piccolo numero di selvaggi; ma una grande nazione non diventa ricca e non può vivere, che col lavoro collettivo solidamente organizzato. E poiché il lavoro che produce ricchezza è un lavoro collettivo, sembrerebbe logico, non è vero? Che anche il godimento di queste ricchezze fosse tale. Ed è proprio ciò che non vuole e respinge con odio l’economia borghese. Essa vuole che gli individui ne fruiscano isolatamente. Ma quali individui? Forse tutti? Oh, no! Essa vuole che ne godano i forti, intelligenti, gli scaltri ed i fortunati. Ah sì! sopra tutto i fortunati. Perchè nella sua organizzazione sociale, e in con-