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servito, divorato ed oppresso non più dai nobili oggi, che hanno perso il potere, ma dallo stato, dai suoi innumerevoli funzionarii e dallo czar. E nemmeno vi dirò dei piccoli Stati di Svezia e di Danimarca che solo dopo il 1848 sono diventati realmente costituzionali, e che sono perciò in arretrato rispetto allo sviluppo generale di Europa; e non parlerò nemmeno della Spagna e del Portogallo dove il movimento industriale e la politica borghese sono stati così a lungo paralizzati dalla duplice autorità del clero e dell’esercito. Tuttavia debbo osservare come la Spagna che ci sembrava tanto arretrata, ci presenti oggi una tra le più belle organizzazioni tra quante esistono nel mondo, dell’Associazione internazionale dei lavoratori.

Mi soffermerò alquanto sulla Germania. La Germania dal 1830 in poi ci ha presentato e continua a presentare il quadro strano di un paese nel quale predominano gli interessi della borghesia, ma nel quale l’autorità politica non appartiene alla borghesia, ma alla monarchia assoluta, che sotto la maschera della costituzionalità è militarmente e burocraticamente organizzata e servita soltanto dai nobili.

E’ in Francia, in Inghilterra e nel Belgio sopratutto che occorre studiare il governo borghese.

E dopo l’unificazione dell’Italia sotto lo scettro di Vittorio Emanuele, possiamo studiarlo anche in Italia. Ma dove è meglio caratterizzata è nella Francia; perciò è in Francia che in special modo lo considereremo.

Dopo il 1830 il principio borghese ha avuto ampia libertà di manifestarsi nella letteratura, nella politica e nell’economia sociale. Può riassumersi con una sola parola: l’individualismo.

Intendo per individualismo la tendennza che, — considerando tutta la società e la massa degli individui come degli estranei, dei rivali, dei concorrenti come dei nemici naturali insomma, coi quali ognuno è costretto a vivere, ma che impediscono il cammino — spinge l’indi-