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e tutti i signorotti feudali si furono sottomessi allo Stato, i re non ebbero più bisogno dei servigi della classe media, e così poco per volta le ritolsero tutte le libertà che le avevano anticamente concesso.

E se queste furono le condizioni nelle quali venne a trovarsi dopo la Riforma la classe borghese, potete bene immaginare quale dovette essere quella delle masse popolari, dei contadini e degli operai delle città. Sappiamo che nei primi anni del sedicesimo secolo e dal principio della Riforma, i contadini del centro dell’Europa, in Germania, in Olanda e in parte della Svizzera, iniziarono un movimento grandioso, al grido di “Guerra ai castelli e pace alle capanne„ per emanciparsi. Ma questo movimento, tradito dalla classe borghese e maledetto dai capi del protestantismo borghese, Lutero e Mélanchton, fu soffocato nel sangue di diverse decine di migliaia di contadini insorti. Da allora più che mai i contadini si videro una cosa sola con la gleba, servi di diritto e servi di fatto, e in questo stato restarono fino alla rivoluzione del 1789-1793 in Francia, fino al 1807 in Prussia e fino al 1848 in quasi tutto il resto della Germania. E in molte parti del nord della Germania e principalmente nel Mecklemburgo, la schiavitù, esiste ancor oggi, che ha cessato di essere persino in Russia.

Nemmeno il proletariato delle città ebbe a godere maggiori libertà del contadini. Esso si divideva in due categorie, quella degli operai che facevano parte delle corporazioni, e quella del proletariato in nessun modo organizzato. La prima era trattenuta, vincolata nei suoi movimenti e nella sua produzione da una quantità di regolamenti che la mettevano in balia dei capi delle maestranze, dei padroni. La seconda, priva di qualsiasi diritto era oppressa e sfruttata da tutti. E come sempre la parte più grande delle imposte cadeva necessariamente sul popolo.