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XI.

Sono rubato!


Trascorse alcun tempo, durante il quale ebbi a patire mille persecuzioni dal micio, che non lasciava sfuggire nessuna occasione per darmi addosso e per tormentarmi.

Fortuna che il canino per lo più prendeva le mie difese; ma che cosa succedeva? Spesso spesso, l’uno per cattiveria e l’altro per troppo zelo, mi tiravano di qua e di là, e restavo indolenzito per parecchio tempo; quando potevo, procuravo di star vicino alla signora o al signorino, ma anch’essi avevano da sbrigar le loro faccende; o andavan fuori, o ricevevano visite, o lavoravano; e in que’ casi, capirete bene, la presenza del povero pulcino sarebbe stata inopportuna.

Che cosa facevo allora? Mi rifugiavo in qualche cantuccio solitario, o me la passeggiavo nel giardino (lontano dalle vasche, s’intende) in balìa de’ miei tristi pensieri.

Di vitto stavo benone, grazie alle premure di Alberto, il quale, per dire il vero, non mi trascurò un sol momento, e mantenne scrupolosamente le promesse fatte alla mia povera padroncina.

Intanto avevo cessato d’esser pulcino; chè i miei tre mesi gli avevo passati d’un pezzetto, e m’ero fatto grandicello, svelto e pieno di disinvoltura.

C’era anche un’altra novità. Non ero più solo.