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Io non sono un chiacchierino, non sono un disattento. Io, quando la Marietta, che Dio la benedica, leggeva nell’orto certi be’ fatti che facevano piangere anche lo zio Giampaolo, il quale a dire il vero, non era troppo tenerino, stavo attento e non perdevo un ette del racconto. Così seppi molte belle cose, fra le quali anche il fatto di questo Ugolino, che a quanto pare, era un signorone pisano d’una gran buona famiglia. Un giorno (i cattivi giorni vengon per tutti) il povero conte perdè la bussola e ne fece una piuttosto bruttina.

Quelli che allora comandavano, non stettero a far discorsi; lo rinchiusero, proprio come me, in uno stanzino, lo tennero in dieta assoluta e dopo, chi s’è visto s’è visto.

Tormentato da que’ pensieracci che, come vedrete, non avevano un’oncia di senso comune, stava proprio per darmi alla disperazione, allorchè la porticina della prigione si schiuse, e Albertino, bello come un raggio di sole, apparve sul limitare, trascinandosi dietro un grazioso carretto pieno di soldatini, di legno, s’intende.

Mi augurò lietamente il buon giorno, buttandomi a’ piedi un visibilio di ghiottonerie: minuzzoli di pane, chicchi di riso e una diecina di pinoli bell’e sbucciati.

— Caro signorino! — dissi fra me tutto consolato; e senza perdermi in complimenti, mi messi a divorare ogni cosa. Compiuta l’importante faccenda, alzai gli occhi e vidi che il padroncino mi faceva segno di seguirlo.

Non me lo feci dire due volte, e traversai dietro